I monumenti colossali hanno sempre destato la meraviglia dell’uomo. Di colui che era contemporaneo alla costruzione di questi monumenti per la meraviglia e la soddisfazione di aver raggiunto un traguardo ritenuto inarrivabile solo una generazione prima. Di colui nato molto successivamente per l’incredulità di fronte a tanta capacità da parte di civiltà ormai tramontate e per questo ritenute meno capaci.



Le piramidi in Egitto ne sono un’archetipo perfetto. Sono molte (non esistono solo le tre famosissime della piana di Giza #sapevatelo 😜) e sono tendenzialmente distribuite da nord a sud sempre lontano dal Nilo. Questa seconda caratteristica è quella che più ha lasciato perplessi ingegneri ed archeologi. Spostare le massicce pietre via fiume era allora ed è anche ora la soluzione migliore sempre individuata. Questa tesi è stata poi corroborata dai resti archeologici dei porti fluviali realizzati a ridosso dei cantieri delle piramidi e da svariati papiri con le testimonianze dei capitani addetti alle navi da trasporto.
La distanza però delle piramidi dall’attuale corso del Nilo apriva a due domande. Il Nilo ha sempre avuto il suo alveo attuale e quindi le imbarcazioni raggiungevano le piramidi tramite canali artificiali? Oppure esistevano rami collaterali del grande fiume?
Certamente gli Egizi avevano la capacità di scavare canali artificiali sebbene restino molti dubbi sulla capacità economica di sostenere opere così massicce in aggiunta a quella già necessaria per la costruzione stessa delle piramidi.
Che il Nilo potesse avere un corso differente in passato non è un’ipotesi nuova. Già Erodoto, citando Talete di Mileto che nel VII secolo a.C. visitò le Piramidi, lascia immaginare qualcosa a riguardo nei suoi scritti. Ed esistono pubblicazioni recenti che ipotizzano appunto come il Nilo in passato scorresse molto più ad ovest rispetto al corso attuale. Ipotesi suggestive ma comunque solo ipotesi.
A porre luce sul problema è arrivata una pubblicazione su Nature di Ghoneim & al. intitolata The Egyptian pyramid chain was built along the now abandoned Ahramat Nile Branch (link qui).
Nello studio viene evidenziato come 4700 anni fa nella piana di Giza arrivasse un ramo del fiume Nilo, oggi completamente scomparso. Questo ramo del fiume è stato battezzato dai ricercatori Canale di Ahramat, che in arabo significa canale delle piramidi. Questo ramo del fiume Nilo era enorme: era lungo 64 km e aveva un’ampiezza dai 200 ai 700 metri ed era profondo tra i 2 e gli 8 metri. Nel suo percorso sfiorava ben 31 piramidi erette fra 4700 e 3700 anni fa, tra la III e la XIII dinastia.


Si trattava quindi non di un canale artificiale ma di un vero e proprio fiume parallelo a quello attuale. I ricercatori rivelano quindi come il Nilo dovesse avere una portata d’acqua molto superiore a quella attuale. Lungo il corso del canale di Ahramat sorgono le piramidi di Giza, quelle di Abusir, quelle di Saqqara, quelle di Dahshur, e quelle di Lisht, oggi tutte lontanissime dal Nilo.
La scoperta è stata fatta grazie a strumenti di ispezione tecnologica avanzatissimi come indagini geofisiche con radar a penetrazione del terreno (GPR) e tomografia elettromagnetica (EMT). Strumenti che hanno consentito non solo di capire dove si trovasse il fiume ma anche quanto fosse profondo e quanto fosse largo. L’utilizzo di tecniche come il telerilevamento satellitare e di mappe storiche, l’indagine geofisica e il carotaggio dei sedimenti, integrati da evidenze archeologiche hanno permesso di comprendere la natura e la relazione del Canale di Ahramat con la posizione geografica dei complessi piramidali in Egitto. Dettagli che ci consentono di avere un’idea precisa riguardo le sue effettive potenzialità di trasporto.
Sulle ragioni della scomparsa di questo ramo del Nilo i ricercatori hanno avanzato un’ipotesi complessa. Sono partiti dall’evidenza che l’inclinazione della pianura alluvionale del fiume, legata all’attività tettonica, rendesse già in partenza sfavorito il corso dell’Ahramat. Successivamente un grosso spostamento di sabbia, legato alla desertificazione del Grande Sahara, combinato con una riduzione delle precipitazioni potrebbe aver definitivamente fatto scomparire quella antica via d’acqua.
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