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2024

Berat e Argirocastro

Nikon D5300, Nikkor 18-200, iPhone 12 Pro

15 luglio 2024

La mattina si parte da Korçe per un lungo spostamento che ci porta a Berat. Risparmieremo tempo tagliando sui monti ma con un pulmino è sicuramente più agevole percorre le vie a valle.

All’altezza di Kozare ai lati della strada ci si presenta una di quelle cose che mai ti aspetteresti. Vecchi e secchi pozzi di petrolio! Genti ci spiega che siamo stati noi italiani a costruirli durante l’occupazione dell’Albania, ma con così poca resa che ormai risultano essere solo dei reperti di archeologia industriale.

Incuriosito ho cercato in rete qualche testimonianza su questa nostra attività estrattiva e sono finito sul blog di Ermanno Volterrani, autore del libro Albania. Racconti di un cavalleggero in cui l’autore racconta del padre Antonio e degli anni che questi trascorse in Albania durante il secondo conflitto mondiale. Qui potete leggere un estratto in cui Antonio, acquartierato nella vicina Devoli, assiste al primo erompere del greggio.

Arriviamo per ora di pranzo a Berat e per prima cosa prendiamo le nostre stanze all’Hotel Heraklis. Se ad Ohrid il clima era mitigato dal lago e a Korçë era caldo ma non così caldo, a Berat è tutto diverso. Già durante la strada Genti ci aveva messo in guardia: Berat è la città più calda dell’Albania. Calda ed afosa.

Per pranzo ci dividiamo ed io mi unisco al gruppetto che si ferma all’Elvi Traditional Food, un ristorantino dove pranzare con gustose pietanze locali.

Nel pomeriggio incontriamo Bóna, la nostra guida, e grazie al pulmino iniziamo la nostra visita direttamente in cima alla collina, dall’ingresso del Castello di Berat. Il castello, noto anche come Antipatra, e la sua cittadella sono una fortificazione imponente, che ospita circa duecento abitazioni ancora in uso (sia come abitazioni residenziali, sia come guesthouse, ristoranti, ecc), chiese e moschee. Il castello per come lo si vede risale al XIII secolo, sebbene le prime fortificazioni su questa altura siano attribuite alle antiche popolazione illiriche.

Per prima cosa visitiamo il Museo dell’Iconografia Onufri (link qui). Il museo sorge negli spazi occupati dell’ex Cattedrale Ortodossa dedicata alla Dormizione di Santa Maria ed ospita duecento opere d’arte, icone ed oggetti liturgici datati dal XIV al XX secolo, provenienti da diverse chiese e monasteri della regione. Come prima opera si incontra proprio l’iconostasi della vecchia cattedrale, che fu realizzata nel 1807, ed è considerata un capolavoro della scultura lignea albanese. Sono presenti icone dipinte da famosi pittori iconografi albanesi come Onufri, suo figlio Nikolla, Onufër il Cipriota, David Selenica, ecc. Di questi comunque Onufri padre resta il più importante, soprattutto per la brillantezza dei colori che utilizzava (famoso il suo rosso di cui ha mantenuto segreta la formula).

Percorrendo i vicoli della città raggiungiamo la Chiesa di San Nicola e la Chiesa di Santa Maria di Blachernae. Visitiamo quest’ultima per ammirarne gli affreschi, direi conservati miracolosamente visto lo stato di degrado della struttura. La chiesa fu edificata nel XIII secolo, mentre gli affreschi sono del XVI secolo e sono attribuiti ad Onufri figlio.

Dopo aver scattato una rituale foto di gruppo sotto l’enorme statua che rappresenta il volto di Costantino Il Grande procediamo alla Chiesa della Santissima Trinità. Nonostante la scenografica posizione ed una notevole architettura bizantina, la chiesa all’interno è molto mal conservata.

Quindi siamo saliti sull’acropoli dove sorge la Moschea Bianca (chiusa) e gli edifici dove viveva la ricca famiglia Vrioni. Ilias Vrioni fu uno dei firmatari della dichiarazione di indipendenza dell’Albania dall’Impero Ottomano nel 1912 e fu per tre volte Primo Ministro.

Proseguendo il giro della zona più elevata del castello incrociamo prima le rovine della Cisterna dell’acqua e poi ciò che rimane della Moschea Rossa, di fatto il rudere del minareto. Costruita tra il 1389 ed il 1402 (c’è molta incertezza sulla data) risulta essere stata la prima moschea dell’Albania. Purtroppo è stata una delle tante opere d’arte distrutte dal regime comunista.

Oltre la moschea incontriamo la Chiesa di San Giorgio, che sotto il regime fu trasformata in un ristorante. Di fronte possiamo apprezzare ciò che resta di una parte delle ultime difese del castello: un vicolo cieco che aveva lo scopo di indirizzare in una trappola gli assalitori.

E per finire raggiungiamo la punta delle fortificazioni che si staglia sulla valle sottostante, belvedere da cui si domina Berat ed il fiume Osum.

Torniamo indietro e scendiamo lungo i vicoli della città ottomana per raggiungere il lungofiume. I vicoli del quartiere chiamato Mangalem sono stretti e costellati di scale e discese, molto molto suggestivi.

A valle ci attende la bella Moschea degli Scapoli e la vista delle case ottomane che, grazie alle loro numerose finestre rettangolari hanno fatto sì che Berat sia soprannominata la Città dalle Mille Finestre.

Passato il fiume ceniamo nel quartiere di Gorica al Xhimitiku Grill (link qui) e dopo cena ci concediamo una passeggiata notturna nella zona più nuova di Berat. Troviamo la Moschea di Piombo ancora aperta per la preghiera e, chiesto il permesso, entriamo a visitarla. La moschea fu costruita tra il 1553 ed il 1554 e prende il suo nome dal rivestimento in piombo della sua cupola. La Cattedrale di San Demetrio invece è chiusa ma impreziosita dai giochi d’acqua colorati nella piazza antistante.

Gran finale in un bar della piazza con uno shottino di raki 🍸

16 luglio 2024

Lasciamo Berat per il sito archeologico di Apollonia. Colonia greca prima, importante città romana poi, vide un notevole sviluppo grazie alla sua posizione strategica sulla Via Ignazia, via che collegava le coste illiriche con Costantinopoli. Il suo declino iniziò nel III secolo d.C. per essere poi definitivamente abbandonata.

La nostra guida nel sito è l’archeologo Adil, mooooolto competente. Ci illustra con dovizia di particolari i resti delle mura, l’odeon, il tempio di Artemide e ci porta fino agli scavi della fontana ninfeo nella parte più estrema del sito. Quello che scopriamo grazie a lui è che, tanto per cambiare 🤬, la zona archeologica dove sorgeva l’acropoli è stata distrutta sotto il regime comunista. Il colle sotto cui le vestigia erano seppellite era stato adibito a base militare e vi erano stati scavati numerosi tunnel per ospitare pezzi d’artiglieria.

Adil ci spiega anche che in passato questo terreno era proprietà del clero ortodosso, che aveva riutilizzato i reperti archeologici per erigere ed abbellire la Chiesa di Maria Dormiente ed il refettorio, ora trasformato in museo.

Ripartiamo ed arriviamo a Argirocastro (o Gjirokaster), una città che come Berat è caratterizzata dall’architettura ottomana degli edifici. Alloggiamo all’Hotel Kastro, in pieno centro.

Ci dividiamo per il pranzo – fa molto caldo anche qui ed ognuno adotta soluzioni diverse. Con pochi altri risolvo velocemente la bisogna con un panino al The Black Rose Pub, letteralmente dietro l’angolo dell’albergo. Poi all’orario stabilito ci riuniamo tutti e siamo pronti alla visita della città.

Passiamo nelle strade del bazar cittadino e vistiamo la Moschea di Argirocastro ( o Moschea Bazaar). Fu costruita nel 1757 da Memi Pasha in quello che sarebbe dovuto essere il quartiere del Nuovo Bazaar. Ma un incendio distrusse quella zona, lasciando intatta solo la moschea. Essendo stata elevata al rango di monumento culturale fu l’unica della tredici moschea della città a non essere distrutta dal regime comunista.

Ma il monumento sicuramente più importante da visitare è la Casa Skenduli. Si tratta di una casa-fortezza risalente al XVIII secolo. Fu costruita dalla famiglia Skenduli appunto, una famiglia molto ricca proprietaria di terre e dedita al commercio. La casa è tutt’ora di proprietà della famiglia, che ne ha perso il controllo solo tra il 1981 ed 1992, periodo in cui il regime comunista l’aveva confiscata e trasformata in museo etnografico. La prima cosa che la guida della casa ci fa notare è la struttura antisismica dell’edificio: ogni metro verticale di muro c’è uno strato di legno di castagno atto ad ammortizzare le scosse sismiche. Questo accorgimento le ha permesso di arrivare in stato egregio ai nostri tempi.

Nella casa-fortezza vivevano circa venticinque persone. Divisa in tre piani, il piano terra era adibito a magazzino. Il primo piano era abitato d’inverno, mentre il secondo lo era l’estate. La sua magnificenza viene valutata in base ai suoi elementi architettonici: 64 finestre, 40 porte, 12 stanze e 9 camini.

Usciamo da Casa Skenduli che il prospiciente Museo Etnografico sta chiudendo. Risaliamo la costa del pendio per raggiungere Casa Zekate. Costruita nel 1812 si trova in uno stato di conservazione migliore rispetto a Casa Skenduli. Forse troppo, visto che non emana lo stesso fascino. Qui non c’è una guida ad accompagnarci, ma pannelli in più lingue che illustrano le stanze.

Nel giardino esterno in compenso c’è un gradevolissimo angolo bar dove rilassarsi e godere della vista del castello e della valle sottostante…

il Castello di Argirocastro è un struttura imponente e risale al XII secolo. Fu ristrutturato sotto gli ottomani nel 1812 e nel 1932 ne furono ampliate le prigioni, sfruttate poi ampiamente dal regime comunista per internare numerosi dissidenti politici.

Si è fatta sera e torniamo sui nostri passi per immergerci nel cuore della movida locale, il bazar. Ceniamo al Ristorante Sofra (link qui) che ci serve a menù fisso una serie di ottime pietanze tipiche albanesi.

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