2 agosto 2010
In realtà partiamo la sera del 1 agosto com Emirates. Facciamo scalo nell’aeroporto di Dubai, patria del kitsch. Servono mazze da golf? Serve una cover dorata per il cellulare? Tranquilli, loro lo hanno e te lo vendono!
Da qui partiamo per quattordic’ore di volo intercontinentale per Sydney su un nuovissimo Airbus A380. In classe economy si sta comodi e quasi larghi. Incredibile!
L’aereo è dotato di telecamere sul timone di coda e sotto la carlinga. Posso guardare l’atterraggio come se fossi davanti lo schermo di un simulatore al computer!
3 agosto 2010


L’arrivo a Sydney è traumatico. Il tempo è brutto e noi tutti patiamo lo sbalzo termico. Siamo nell’emisfero australe e siamo passati dai 28 gradi e più di casa nostra ai 15 gradi del Nuovo Galles del Sud. Tremiamo come delle foglie! Sappiamo che ci vorrà una giornata per acclimatarci e quindi ci mettiamo addosso tutto quello che possiamo per stare bene. Lasciamo l’aeroporto e con i mezzi pubblici raggiungiamo il centro città dove prendiamo le nostre stanze al YHA Sydney Central (link qui), un ostello dalla posizione strategica.




Il tempo sembra migliorare e decidiamo di iniziare la nostra avventura raggiungendo Bondi Beach: lunga un chilometro, di sabbia fine, delimitata ai lati da due scogliere è ogni anno meta di appassionati del surf.




Le onde del mare sono possenti e, mentre il meteo volge di nuovo al brutto, tracimano ripetutamente nelle piscine del Bondi Icebergs Swimming Club (link qui). Questo club fu costruito nel 1929 per volere di una associazione di bagnini per creare un luogo per mantenersi in forma durante la stagione invernale. E prevede queste due piscine a sfioro che permettono di allenarsi simulando le condizioni reali del mare, proprio grazie alle onde che si infrangono al loro interno.




Dopo aver ammirato Bondi proseguiamo lungo il Bondi to Coogee Coastal Walk (link qui), un sentiero urbano che si snoda lungo la costa unendo così varie spiagge. Noi lo percorriamo a metà, raggiungendo prima la Tamarama Beach e poi Bronte Beach.




La scogliera in cui è scavato il sentiero presenta scorci fantastici ed è caratterizzata da rocce levigate dalle onde che assumono le forme più originali. Man mano che proseguiamo il tempo migliora, per farci arrivare alla spiaggia di Bronte con uno splendido sole.





Nel pomeriggio ritorniamo con i mezzi pubblici al nostro ostello e di lì ci incamminiamo lungo George Street, una delle via principale su cui si affaccia il Sydney Town Hall (link qui). È un continuo alternarsi tra palazzi storici e torri moderne in acciaio e vetro, il tutto condito di “classici” pub tipicamente britannici.


Arrivati alla fine di George Street ci troviamo in mezzo ai due monumenti iconici di Sydney: l’Opera House e l’Harbour Bridge.





Siamo fortunati perché sembra che le nuvole si stiano diradando e abbiamo la possibilità di effettuare un giro della baia su un traghetto da cui ammirarla al tramonto.



Al rientro rimaniamo a cena nel quartiere The Rocks, nei pressi del Sydney Harbour Bridge. Le sue stradine storiche ospitano alcuni dei pub più antichi di Sydney e molti ristoranti di lusso con vista sul porto. Noi ceniamo in uno dei pub e poi torniamo in ostello.
4 agosto 2010

Ci alziamo che l’inverno è andato via. Il tempo è splendido: fa caldo, il sole brilla ed il cielo è blu.




Ci avviamo verso il porto passando però per College Street così da raggiungere Hyde Park, al cui lato sorge la St. Mary’s Cathedral (link qui). Preceduta da una piscina animata da giochi d’acqua, la cattedrale è il principale luogo di culto cattolico della città. L’edificio consiste in una imponente costruzione neogotica caratterizzata da alte guglie e torri.




Alle spalle della cattedrale c’è la Frazer Fountain (link qui). Eretta nel 1884 in uno stile più barocco che gotico questa fontana pubblica testimonia l’importanza dell’approvvigionamento idrico nel XIX secolo in Australia. Proseguendo lungo Macquarie Street passiamo davanti il Sydney and Sydney Eye Hospital (link qui). Fondato nel 1788 dal dottor John White è il primo ospedale australiano. Ma quello che ci fa fermare è il trovarci inaspettatamente davanti ad una replica della statua del Porcellino, il cui originale è nella loggia del Mercato Nuovo di Firenze. Scopriamo che la statua è stata donata all’ospedale dalla Marchesa Clarissa Torrigiani in memoria di suo padre, il dottor Thomas Fiaschi, e di suo fratello, il dottor Piero Fiaschi, entrambi rinomati chirurghi dell’ospedale. A dire della Marchesa lo scopo della statua sarebbe stato sia quello di stimolare la raccolta fondi per l’ospedale che quello di rallegrare i bambini. Superato l’ospedale passiamo davanti l’imponente facciata della State Library of New South Wales (link qui) davanti alla quale campeggia la statua dedicata al capitano Matthew Flinders.





Lasciata la strada entriamo nei Royal Botanic Gardens (link qui). Inaugurati nel 1816 i giardini sono la più antica istituzione scientifica dell’Australia e una delle più importanti istituzioni botaniche storiche del mondo. Piante, fontane, uccelli, statue, volpi volanti che dormono appese ai rami… un immenso polmone verde pieno di meraviglie che si affaccia sulla baia di Sydney!





Lasciato il giardino botanico raggiungiamo finalmente il monumento più iconico di Sydney, la Sydney Opera House (link qui). Il Teatro dell’Opera di Sydney costituisce una delle più significative opere architettoniche del XX secolo. Progetto dell’architetto danese Jørn Utzon consiste in una struttura composta da gusci disposti in maniera tale da ricordare un grande veliero prossimo a entrare nel porto della città e capace di risultare gradevole ed equilibrato architettonicamente da ogni prospettiva.




Il Teatro dell’Opera di Sydney poggia su una piattaforma in granito lunga 185 metri e larga 120 metri, ispirata ai templi Maya. L’intero tetto è rivestito da oltre 1 milione di piastrelle beige e bianca auto-pulenti, importate dalla Svezia. L’edificio non ha grondaie, le piastrelle raccolgono tutta l’acqua e la riversano nuovamente nell’oceano. Il lato frontale delle vele più grandi è costituito da enormi vetrate, mentre il resto della facciata è ricoperto da pannelli di granito rosa. L’arditezza delle linee ed il loro slancio nello spazio sono fantastiche. Restiamo ammirati.








Dall’Opera House passiamo di nuovo tra le strade del quartiere The Rocks e raggiungiamo l’Harbour Bridge.
Saliamo sulla cima di uno dei suoi piloni per poter così ammirare dall’alto il teatro e tutta la baia che lo circonda. Che spettacolo!



Si è fatta ora di pranzo e, sempre a piedi, ci spostiamo al Sydney Fish Market (link qui). E’ uno dei più grandi mercati del genere al mondo ed è possibile pranzare in uno dei tanti localini. Ordiniamo allora speranzosi delle aragoste che dovrebbero essere freschissime. Quello che non abbiamo considerato sono i gusti del posto. Fresche sono fresche ma sono servite sotto una cappa di formaggio fuso! 😱

Nel pomeriggio il gruppo si divide. Alcuni resteranno qui a Sydney anche per i prossimi giorni. Il grosso di noi torna all’ostello dove prepariamo un bagaglio per due giorni, lasciando il grosso in deposito. Fatto questo andiamo in aeroporto per spostarci ad Adelaide.
Non manchiamo di dar vita a qualche situazione comica durante questa trasferta:
- Prendiamo la metropolitana per l’aeroporto. All’uscita si debbono reinserire i biglietti nei tornelli per farli aprire. Io questa cosa la ricordo, inserisco il mio biglietto ed esco. Alle mie spalle sento: il biglietto? Ma io l’ho incollato sul quaderno! Scopriamo che una partecipante sta tenendo un diario di viaggio scrivendolo man mano ed incollandoci su manifestini pubblicitari, cartoline, biglietti. Molto carino. Molto. Peccato che adesso serva questo benedetto biglietto. Spieghiamo la situazione al controllore mostrandogli il diario e lui, comprensivo, la fa passare 😅
- Va bene che si è detto: bagaglio leggero, staremo fuori solo due notti. Però a via di mettere solo l’essenziale un altro partecipante scopre al check in in aeroporto di aver lasciato in ostello anche il passaporto! Per fortuna è un volo interno ed i controlli sono meno stringenti. Qui anche la carta di credito ha validità come documento di identità e lo fanno imbarcare senza problemi 🤷🏻♂️
Arrivati ad Adelaide prendiamo le stanze all’Haven Marina (link qui). Dopodiché, visto che siamo a due passi dal porto turistico, ci facciamo una passeggiata. Tutto molto bello, tutto molto curato. Ma qui i locali chiudono presto e quindi c’è poco da fare, visto che fa anche abbastanza freddo.
5 agosto 2010

Nuovo volo aereo per raggiungere la nostra vera meta, un isolotto chiamato Kangaroo Island. Ho detto un isolotto perché se ricordate la mia introduzione al viaggio, in Australia tutto è grande e quello che sulla mappa sembra un isolotto in realtà è grande quanto la Val d’Aosta! L’isola fu scoperta e battezzata così da Matthew Flinders – c’era una sua statua a Sydney, di fronte alla State Library.
Kangaroo Island è uno dei posti migliori in Australia per vedere animali selvatici come koala, canguri, leoni marini e foche. Prendiamo le auto a nolo all’aeroporto di Kingscote ed iniziamo il tour dell’isola, dirigendoci direttamente verso il Flinder Chase National Park (link qui). La guida in Australia è a sinistra ma il sistema metrico è il nostro e quindi ci raccapezziamo facilmente con i km anziché le miglia.



Dopo una sosta veloce in una clinica per animali gestita dai ranger dove vediamo un casuario tenuto in un recinto in attesa di essere riportato in libertà, raggiungiamo la costa sud al Cape du Couedic Lighthouse, un faro alto 25 metri, ora monumento nazionale.




Il mare è in tempesta ed il vento è teso. Il cielo è plumbeo, cade una leggera pioggerellina. Ma soprattutto fa un freddo cane! Ma noi intrepido lasciamo le macchine nel parcheggio del faro, imbocchiamo uno stretto sentiero che si dipana nel mezzo della scogliera e raggiungiamo Admirals Arch.
Questo arco di roccia, scolpito dagli agenti atmosferici e dall’erosione dal mare nel corso di migliaia di anni, è il rifugio sicuro di moltissime otarie, in particolare delle otarie orsine della Nuova Zelanda (New Zealand fur seal).





Seconda tappa: Remarkable Rocks. Ci sono voluti 500 milioni di anni per pioggia, vento e onde martellanti per creare questi massi di granito dalle forme levigate e dal colore rossiccio.


Visto il tempo plumbeo ho anche provato a scattare un paio di foto con una app per l’iPhone che crea foto HDR (High Dynamic Range), tecnica che tenta di rendere le parti chiare e scure della foto in maniera più simile a come le vede l’occhio umano rispetto a quanto riesca a fare il normale sensore della fotocamera.


Risaliti in auto facciamo una breve sosta presso l’Hanson Bay Wildlife Sanctuary (link qui) per vedere i koala allo stato brado. Parcheggiamo, raggiungiamo un boschetto ed andiamo a parlare con il ranger di guardia. Gli chiediamo come fare per avvistare i koala. E lui gentilmente ci indica un sentiero e ci dice: proseguite per quel sentiero. Quando vedete un albero di eucalipto guardate alla base. Se notate la corteccia escoriata dagli artigli di un koala, allora iniziate a cercarlo in alto tra i rami. Noi ci guardiamo l’un l’altro a denti stretti 😬 Chi li sa riconoscere gli alberi di eucalipto?!? 🤷🏻♂️ Chi sa distinguere i segni di artiglio di koala dalle normali crepe del legno?!? 🤷🏻♂️ Chi ha la vista così arguta da scovare in un tetto di foglie un animaletto lento e pigro?!? 🤷🏻♂️ Ma nella vita ci vuole fortuna e noi oggi l’abbiamo: c’è già un gruppo di turisti col naso all’insù che indica un koala!






Dopo la dolce visione dei koala andiamo al Seal Bay Conservation Park (link qui). La baia è un santuario per i leoni marini. Si possono ammirare dall’alto su delle passerelle o, pagando e scortati da un ranger, si possono ammirare da vicino scendendo in spiaggia. Noi optiamo per scendere.
Il ranger prima di accompagnarci ci fa un discorso molto chiaro: è la stagione degli amori ed i maschi sono molto aggressivi. Bisogna attenersi a tre regole: rimanere in gruppo, rimanere in silenzio, rimanere ad almeno dieci metri dagli animali. Ma delle tre la più importante di tutte è la regola zero: non cadere!!! Mai!!! Semmai un leone marino caricasse, allontanarsi in gruppo ma senza panico. E comunque: non cadere!!! Mai!!!
I maschi dominanti sono possenti e tengono d’occhio il loro harem. Dalla mole possente e muniti di zanne micidiali possono uccidere un uomo facilmente. I giovani maschi, nettamente più piccoli del maschio dominante, si distinguono dalle femmine dalle cicatrici sul collo, ricordo delle lotte per tentare di prevalere sul maschio dominante. Il ranger ci fa notare come la spiaggia sia piena di sassolini rotondi e resti di crostacei. I leoni marini ingoiano i crostacei interi. Ingoiano quindi anche molti sassolini, il cui compito è proprio quello di frantumare i carapaci dei crostacei nello stomaco. Digerito il pasto, carapaci e sassolini vengono rigurgitati. Sempre il ranger ci sottolinea come i leoni marini siano dei predatori voraci, ma al contempo siano anche delle prede. È infatti difficile trovare un leone marino morto sulla riva. Questo perché gli esemplari anziani e deboli sono preda degli squali.
Terminata la visita raggiungiamo il Kangaroo Island Lodge Bar & Lounge (link qui), che affaccia su Pelican Lagoon. Il meteo alla fine si è rivelato clemente, migliorando durante la giornata. Ma col calar del sole le temperature scendono a 4 gradi 🥶 Dopo cena ci mettiamo addosso tutto quel poco che ci siamo portati ed usciamo in auto a cercare i canguri. Le assicurazioni delle nostre auto non ci coprono per la guida notturna perché i canguri sono proprio animali notturni. Di notte si incrociano spesso sulle strade. Il problema è restano immobili, abbagliati dai fari, e sono causa di frequenti incidenti! Ed è questo il motivo per cui nell’Australia continentale le automobili hanno quei caratteristici enormi paraurti. A Kangaroo Island, come in tutta l’Australia, si vedono spesso carcasse di canguri ai bordi delle strade, come si vedono spesso sul manto stradale i segni delle frenate per evitarli.
Stiamo guidando quindi lentissimamente quando ne avvistiamo improvvisamente uno ai bordi della carreggiata! Parcheggiamo e lo seguiamo risalendo la scarpata. Ci troviamo di fronte una recinzione di filo spinato che lui atletico ha superato con un solo balzo. Noi meno atletici ci passiamo in mezzo con estrema cautela. Ci facciamo luce con le torce e nel prato ci ritroviamo in mezzo ad un bel gruppo di canguri.
Ci hanno spiegato che i canguri sono pavidi e che bisogna sempre lasciargli un’abbondante via di fuga onde non farli diventare pericolosi (farebbero leva sulla coda per colpirti con le zampe posteriori, sfondandoti la gabbia toracica ci hanno detto al lodge). Così facciamo. Se avanziamo, loro arretrano, tenendoci sempre d’occhio. Sempre saltellando. Si lo sappiamo che saltellano, ma vederli muoversi così dal vivo è incredibile! Il tutto sotto un cielo limpido dove brillano stelle costellazioni che da noi non si vedono: la Croce del Sud, lo Scorpione. Poi d’improvviso l’incanto si rompe ed i canguri fuggono via. Saltellando 🦘
6 agosto 2010

La notte la temperatura dev’essere scesa ancora di più. I vetri delle nostre auto e l’acqua più sotto riva della Pelican Lagoon sono ghiacciati.




Raschiamo il ghiaccio dai parabrezza, scattiamo qualche foto ai pellicani e torniamo all’aeroporto di Kingscote per tornare cosi a Sydney. E’ venerdì sera e Sydney è una città piena di vita. Nonostante il freddo le ragazze vestono tutte con leggeri vestitini primaverili (e rabbrividiscono ovviamente, ma sembra importarle poco 🤷🏻♂️).




Gli eleganti locali traboccano di giovani, c’è musica e tanta gente in giro. Sono tutti alticci – gli australiani sono più inglesi degli inglesi da molti punti di vista – ma comunque poco molesti. Prima di rincasare torniamo alla Sydney Opera House per ammirare le sue cupole illuminate nel buio della notte.
Mentre siamo sulla via di casa assistiamo anche ad un arresto. Un ragazzo si era barricato nella cabina di un ATM ed un suo amico lo invitava a non fare resistenza mentre gli agenti tentavano di aprire la porta che lui bloccava. Lo hanno preso, ammanettato e messo in un cellulare per portalo via 🤷🏻♂️
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