7 agosto 2009
Il meteo a Caqalai la mattina è molto variabile. Vira dal plumbeo alla pioggerellina. Ci dividiamo tra la spiaggia e qualche partita a carte sotto la veranda. Dopo pranzo lasciamo l’isoletta con le stesse lance fluviali con cui eravamo arrivati e ci spostiamo sull’isola di Ovalau.




Sbarchiamo a Levuka, la vecchia capitale dell’arcipelago. La cittadina è molto piccola e sulla via principale, di fronte al mare, si aprono le attività commerciali. Lo stile degli edifici ha un che di western, con queste facciate alte che riportano il nome dell’attività.
Prendiamo le nostre stanze al Royal Hotel (link qui), l’albergo più antico della città. Già dal 1830 infatti Levuka era una base d’appoggio per le baleniere ed un rifugio per molti piccoli avventurieri. Nel 1860 il Royal Hotel si era affermato come il migliore albergo di Levuka e come il posto dove stare. Questo anche perché dalle stanze migliori i capitani potevano tenere sott’occhio i propri bastimenti ancorati nel porto.

Prima che venga a piovere sul serio usciamo a farci un giro della città. Immaginate la nostra perplessità quando, in mezzo a casette di legno, scorgiamo il rudere che vedete qui sopra! Una sorta di tempio simil greco alle Fiji?!? Ebbene si! Costruito nel 1913, il tempio era sede della loggia della massoneria di rito scozzese (giuro! lo trovate anche su Google Maps come Lodge of Polynesia Freemasonry). Fu distrutto nel 2000 da un incendio appiccato durante una serie di tumulti, in base alla credenza che fosse in collegamento diretto con una corrispettiva sede in Irlanda tramite un tunnel che passava per il centro della Terra 🤷🏻♂️
Ceniamo al Whale’s Tale Resturant, che secondo la nostra guida è anche il ristorante più rinomato della città. Le porzioni non sono abbondanti ma sia il pesce che il dessert sono molto buoni.
8 agosto 2009

La giornata prevede un’escursione al villaggio di Lovoni. Il villaggio è situato all’interno di un cratere vulcanico ed è raggiungibile attraverso una strada che attraversa la foresta pluviale.




Abbiamo appuntamento alle 9 al porto (cioè di fronte il nostro albergo) per salire sul nostro transfer. Nove, nove e mezza, dieci. Oh il porto è questo, siamo nel punto giusto. Arriverà qualcuno. Intanto gettiamo un occhio al mercato, al continuo passaggio di ragazzini che vanno a scuola senza fretta. Dieci e mezza, undici. Ed ecco che arriva un camion!!! Il nostro transfer ci saluta al grido di Fiji Timeeee confermandoci che qui le cose vanno avanti come capita 🤷🏻♂️ Ci carica sulle panche del cassone (tipo camion militari dei film di guerra) e viaaaaaa




Lasciata Levuka le strade sono tutte in terra battuta. Ma in un’oretta raggiungiamo la nostra meta. Arrivati a Lovoni troviamo ad accoglierci Api, la nostra guida della giornata. Api ci conduce in un eco tour nella foresta intorno il villaggio illustrandoci lungo il tragitto piante commestibili o dalle proprietà terapeutiche. Possiamo così vedere nel loro ambiente l’albero del pane (una pianta africana portata quì dall’HMS Bounty, proprio la nave del famoso ammutinamento), la papaya, il taro e tante altre piante.


Finito il tour torniamo a casa di Api, dove conosciamo la moglie, che è una donna inglese, ed i loro figli. La signora ci prepara da mangiare utilizzando foglie e radici di taro, latte di cocco, tonno, zucca, melanzane. Il sapore dei piatti è eccezionale e, seduti a terra in veranda, mangiamo tutto entusiasti.
Finito il pasto Api ci racconta la storia delle Fiji, storia che ho provato ad appuntarmi.
La legenda narra che dal Tanganika, in Africa, partirono due barche che attraversarono l’Atlantico, doppiarono Capo Horn e si inoltrarono nel Pacifico. Era un mare pieno di uragani e tempeste e, per affrontarlo, gli equipaggi legarono assieme le due barche e così, sospinti dai venti, approdarono a Viti Levu. Da lì colonizzarono il resto dell’arcipelago. Un abitante di Suva, fuggito dal suo villaggio, nuotò fino all’isola dove siamo, l’isola di Ovalau. Ne prese possesso, mise su famiglia ed ebbe 7 figli e 16 nipoti, da cui discendono le 7 tribù ed i 16 clan di Ovalau. I clan si spartirono il territorio dell’isola come le fette di una torta, con al centro il villaggio di Lovoni, che era l’insediamento principale.
I guai iniziarono con l’arrivo dei balenieri occidentali. Tra il cannibalismo diffuso alle Fiji ed il terreno già spartito, a questi ultimi riusciva difficile insediare basi commerciali stabili. Levuka stessa fu distrutta ben 8 volte dai fijani nel tentativo di espellere i bianchi. I bianchi allora provarono a spostarsi a Tonga, ma il re di Tonga li dirottò nuovamente verso le Fiji. Sua figlia infatti era andata in sposa al capotribù dell’isola di Bau. Il re di Tonga consigliò gli occidentali di presentarsi a Bau a nome suo e, forti di doni per il capotribù, chiedere ospitalità a lui. Così fu fatto ed, in cambio di tabacco, whisky e specchi, il signore di Bau donò varie isole dell’arcipelago ai bianchi.
Gli occidentali allora iniziarono a stabilire basi commerciali e piantagioni di canna da zucchero sui loro nuovi possedimenti. Ma i nativi poco gradirono l’occupazione delle loro terre e li attaccarono. E sì, perchè il capotribù di Bau s’era spacciato per essere il re delle Fiji, mentre aveva autorità solo sulla sua isola. I bianchi allora chiesero indietro i loro doni od un equivalente in denaro. Ma il signore di Bau aveva già consumato tabacco e whisky e non possedeva denaro. Chiese allora consiglio al re di Tonga. L’illuminato sovrano lo rifornì di armi da fuoco con cui sottomettere le popolazioni ostili ai bianchi e così risolvere la diatriba. Fù così che Bau assoggettò l’arcipelago, eccetto Ovalau.
Nella foga della conquista però quelli di Bau si allargarono e occuparono anche delle isole parte del regno di Tonga! Per bloccare l’ex alleato allora il re di Tonga armò segretamente Ovalau. Siamo circa nel 1830. Gli abitanti di Ovalau costruirono un forte all’interno dell’isola e respinsero i ripetuti attacchi di Bau. In 45 guerrieri ebbero ragione di 500 attaccanti. Il forte infatti era accessibile solo tramite uno stretto sentiero, su cui i difensori facevano precipitare grosse pietre. Sconfitti militarmente, gli uomini di Bau chiesero l’aiuto dei bianchi. Questi inviarono un missionario, che invitò i guerrieri di Ovalau ad una festa di riconciliazione con quelli di Bau a Levuka. Il classico tranello. Dopo averli fatti bere ed averli privati delle armi, li fecero prigionieri. Per due giorni li torturarono. Li fecero percorrere le strade di Levuka in ginocchio con la schiena carica di grosse pietre, giorno e notte. Dopodichè li richiusero per 5 giorni in un recinto. In 20 riuscirono a fuggire, mentre gli altri furono venduti come schiavi ai bianchi nelle Fiji, salvo tre che finirono al Circo Barnum in America. Vendendo i guerrieri ed il terreno su cui sorgeva Levuka, il capotribù di Bau guadagnò 5000 sterline, denaro con cui fondò il Regno delle Fiji.
Esistendo ora un’autorità statale, ecco sorgere per lo stato delle Fiji un imprevisto. Gli Stati Uniti avanzarono un’ingente richiesta di risarcimento per i danni causati dalle tribù di Ovalau alle loro proprietà in Levuka – ricordate? Era stata distrutta 8 volte prima dell’intervento di Bau. Non potendo pagare gli statunitensi, il re delle Fiji preferì stringere un accordo con gli Inglesi. La corona britannica avrebbe ripianato il debito e le Fiji sarebbero diventate per un secolo una colonia inglese. Così nel 1860 a Levuka fù firmato lo storico accordo. A questo punto la regina Vittoria viene a conoscenza della storia di Ovalau e della vendita degli schiavi. In Europa la schiavitù era già stata abolita da tempo, così la regina dichiarò illegale la compravendita, stabilendo che i guerrieri di Ovalau dovessero tornare liberi. Alcuni decisero di rimanere, liberi, dove ormai vivevano. Molti ritornarono e rintracciarono i 20 fuggiti dal campo di prigionia. Questi infatti vivevano nascosti in delle grotte sui monti intorno Lovoni. I 20 ripopolarono Lovoni, mentre i rientrati fondarono i villaggi lungo la costa. Tutto tornò come prima, salvo che ormai il terreno dove sorgeva Levuka era proprietà degli Inglesi.
Api ci conferma quindi che gli antichi abitanti delle Fiji erano prodi guerrieri e soprattutto cannibali. Alle nostre domande risponde spiegandoci che i guerrieri vittoriosi avevano l’abitudine di macellare i nemici uccisi in battaglia e di mangiarne le carni. Adornavano inoltre le loro capanne con striscioline di carne essiccata da mangiare a mo’ di snack ☠️
Tornati a Levuka ceniamo e decidiamo di passare la serata tutti insieme. Dato che solo in pochi del gruppo dormono nell’albergo e molti invece nelle dependance nel giardino, ci riuniamo in una di queste per una birra ed un po’ di musica. Ed è questa sera che inizia quella che ribattezzammo la saga del Ladrone di Levuka! Finita la serata una coppia di ragazze torna alla propria stanza in albergo e la trova a soqquadro. Spariti gli euro, i dollari fijani, molti vestiti ed una delle valigie.
9 agosto 2009

Fatti un paio di giri la notte e la mattina intorno l’albergo nella speranza quantomeno di ritrovare la valigia ed i vestiti si va a fare denuncia al locale commissariato di polizia. Il sergente Penny ci lascia il recapito telefonico per avere aggiornamenti sulle indagini 🕵🏾

Lasciamo Ovalau con le solite lancie e torniamo a Natovi, sull’isola di Viti Levu. Lì veniamo caricati – anzi stipati – su un pulmino veramente sottodimensionato per noi, con un arredo tipicamente indiano e completiamo il periplo dell’isola percorrendo questa volta la strada a nord, la King’s Road.
La strada è pessima, sia per le condizioni del manto stradale, sia perchè passa lontano dalla costa. L’arredo del pulmino è facilmente spiegato perché questa zona di Viti Levu è popolata per lo più dalla parte indiana della popolazione. Facciamo sosta per pranzo in un villaggio dove trionfano ovviamente la cucina indiana nei locali e le videocassette dei film di Bollywood alle bancarelle che vendono film.
Arriviamo a Nadi la sera e chiamiamo la polizia di Levuka. Il sergente Penny, che segue le indagini, ci dice che il ladro era stato visto in faccia da un altro ospite dell’albergo la sera passata. Dalla descrizione è stato subito riconosciuto, in quanto uscito da poco dalla galera. I poliziotti sono andati direttamente a casa sua ed hanno recuperato il bagaglio trafugato e tutti gli euro (aveva avuto solo il tempo di spendere i pochi dollari fijani). Il sergente Penny aggiunge che il Ladrone di Levuka (così lo abbiamo ribattezzato noi) verrà processato il martedì successivo e che appena possibile la refurtiva ci verrà spedita a Nadi presso la sede del nostro tour operator, Margaret. Festa grande 🎉
La sera la sistemazione è pessima, siamo in due camerate. Una per gli uomini ed una per le donne. Margaret ci dice che questo può offrirci per la cifra che abbiamo deciso di spendere. Aggiunge che però se volessimo… per 50 euro in più a testa nella prossima isola potrebbe farci pernottare in un resort di lusso. Soldi raccolti in un attimo! 💰
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