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2009

Viti Levu

Casio Exilim

3 agosto 2009

Atterriamo la mattina all’aeroporto internazionale di Nadi (si scrive nadi ma si pronuncia nandi). Nadi è la seconda città dell’arcipelago per popolazione, superata solo dalla capitale Suva. Restiamo molte ore in aeroporto per concordare con il tour operator locale Margaret Travel Service tutte le tappe del viaggio. Sebbene a grandi linee il tour è già stato preparato dal tour operator, restano da definire molti dettagli. Il livello delle sistemazioni, gli orari degli spostamenti da un’isola all’altra. E soprattutto la dimensione della barca da affittare per l’ultima settimana di crociera. Come la sistemazione di chi, soffrendo il mal di mare, deve essere alloggiato in qualche resort nelle isole Mamanuca e Iasawa.

Terminata la programmazione e pagato tutto quello che ci viene chiesto di anticipare veniamo scarrozzati per un rapido tour di Nadi. Quello che più risalta dai finestrini delle automobili è il mix di edifici religiosi: templi indù, chiese cattoliche, chiese protestanti, moschee. Il nostro autista ci conferma che qui sono molto tolleranti in fatto di religione. Ci anticipa anche che il saluto locale è bulaa e che è un’espressione adatta ad ogni occasione.

4 agosto 2009

Saliamo sul nostro pulmino ed iniziamo ad esplorare la costa sud dell’isola di Viti Levu. Questa strada si chiama Queen’s Road ed il suo nome fa da contraltare alla strada che percorre la costa nord dell’isola, la King’s Road.

Prima tappa: Natadola Beach. Una lunga spiaggia di sabbia bianca. Sul lato meridionale, dove sorge un resort turistico (lo Yatule Resort and Spa), è presente una spettacolare piscina naturale dove è un piacere farsi il bagno. Per chi ama i cavalli c’è anche la possibilità di cavalcare lungo la spiaggia.

Dopo il nostro primo bagno nel mare delle Fiji ci spostiamo alla nostra seconda tappa: il Sigatoka Sand Dunes National Park. Ci dicono che questo sia l’unico parco nazionale delle Fiji e che sia anche l’unica località del Pacifico con dune sabbiose. Le dune, che presentano un’altezza variabile tra i 20 ed i 60 metri, si sono formate nel corso di migliaia di anni e sono il prodotto dell’erosione dell’entroterra costiero. In totale coprono un’area totale di ben 650 ettari.

Gli scavi archeologici hanno portato alla luce ceramiche risalenti a più di 2600 anni fa, nonché uno dei più grandi luoghi di sepoltura del Pacifico. Le prove del passato sono chiaramente visibili in tutto il sistema dunale poiché frammenti di ceramica, strumenti di pietra, resti umani e altri reperti archeologici continuano a essere scoperti grazie ai processi naturali di erosione delle dune stesse.

La nostra guida ci spiega che per evitare che le dune possano spostarsi nell’interno dell’isola, alle loro spalle è stato fatto crescere una Mahogany Forest, una foresta di alberi di mogano. La foresta viene curata affinché svolga efficientemente la sua funzione di barriera. Esplorandola ci imbattiamo più volte in una specie di pupazzo, composto di fascine, che abbraccia un albero. Ci viene spiegato che le Fiji sono una ex colonia inglese e che in periodo coloniale qui sono venute a lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero molte persone dal subcontinente indiano. Tant’evvero che oggigiorno almeno il 40% della popolazione ha discendenza indiana. Con loro queste persone hanno portato anche le loro tradizioni, tra cui una di origine nepalese, quella di indicare gli alberi da preservare tramite questa figura umana stilizzata.

La sera arriviamo a Pacific Harbour e dormiamo al Tiri Villas (link qui). Dopo cena iniziamo a fraternizzare con le usanze locali. Cioè proviamo a bere la kava. La kava è una bevanda, di colore verde, amara, realizzata a partire dalle radici della omonima pianta. E’ molto importante per la cultura locale – normalmente ci si riunisce la sera a cantare e ci si passa una ciotola da cui tutti man mano bevono. E’ una specie di droga leggera, dovrebbe avere un effetto rilassante. A noi da un iniziale sensazione di anestesia al palato o alla lingua. Ma ne beviamo comunque poca, perchè il suo gusto non ci aggrada.

5 agosto 2009

Lasciamo Pacific Harbour e raggiungiamo Suva, la capitale dello stato delle Fiji. Come avviene sistematicamente in queste parti del mondo le grandi città sono cresciute male, attirando in cerca di una vita migliore più persone di quelle che avrebbero potuto accogliere. Passiamo quindi davanti a grossi condomini sgraziati e piccole baraccopoli, tutto corredato da un pessimo decoro urbano. Per noi comunque non è prevista alcuna sosta qui e proseguiamo per raggiungere la costa est dell’isola, fino a Natovi.

Nei pressi di questo villaggio raggiungiamo col nostro pulmino un fiumiciattolo, dove scendiamo e dove dovremmo trovare delle imbarcazioni per raggiungere l’isoletta di Caqalai (si pronuncia tanghelai). Ecco, ancora non lo sappiamo ma stiamo affrontando per la prima volta quello che ridendo i locali chiamano Fiji Time. Praticamente qui è inutile darsi un appuntamento con un orario. Ci si siede e si aspetta. Prima o poi, ma comunque poi, la persona che si deve incontrare arriverà. Fiji Time!!! Comunque sia alla fine arrivano delle lance fluviali per caricare noi ed i nostri bagagli. Sono barche di legno, lunghe e tutte colorate. Fanno una bella scena ma siamo leggermente preoccupati perché dovremmo navigare con quelle in mare aperto. Ma in realtà la zona che sulle nostre mappe avevamo visto come mare aperto è tappezzata da banchi di barriera corallina e le lance non hanno problemi a raggiungere Caqalai.

Caqalai (ma lo ripeto si pronuncia tanghelai) è un’isoletta così piccola che in dieci minuti ne si può percorrere tutta la circonferenza. Ospita questo mini villaggio turistico immerso in un palmeto. E sì… si sente ogni tanto il tonfo di una noce di cocco che cade dall’albero 🥥 E sì… ce lo diciamo: speriamo che non ce ne cada in testa una 😬 Docce e bagni sono esterni ed in comune tra le varie capanne. L’illuminazione è garantita da un generatore elettrico che funziona dalle 18,00 alle 24,00.

Le capanne sono le tipiche capanne locali, dette bura al singolare e bure al plurale. A me in sorte tocca una capanna dal letto singolo – e dalle mura alquanto sbilenche, tanto che sembrano stare per cadere. Tetto in paglia ed una provvidenziale zanzariera sul letto. Non tanto per le zanzare, che qui non ci sono. Quanto per quel vago timore di svegliarsi con accanto insetti strani 🤪

Il villaggio prevede una pensione completa con pasto fisso, nel senso che si mangia quello che viene servito dato che gli approvvigionamenti sono fatti giorno per giorno dallo staff andando via barca a Viti Levu. Pranzo e cena sono annunciati dal suono di una conchiglia. Dopo cena lo staff armato di chitarra ci suona qualche canzone locale, mentre gira la ciotola della kava.

6 agosto 2009

È una bellissima giornata di sole. Caqalai è un paradiso. Passiamo tutta la giornata in spiaggia tra relax, bagni, snorkeling e sonnellini. Nella notte il tempo cambia e diluvia ma ormai ci siamo goduti in pieno la nostra giornata di mare. Abbiamo parlato con i nostri ospiti in mattinata e a cena hanno portato anche delle birre! Noi le beviamo mentre loro preferiscono sempre l’amarissima kava.

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