2 agosto 2007
In mattinata torniamo in aeroporto per lasciare Oahu e raggiungere Big Island. Sia l’arcipelago che la sua isola maggiore si chiamano entrambi Hawaii e per evitare confusione l’isola maggiore è chiamata da tutti sempre e solo Big Island.



Mi trovo sul lato dell’isola al decollo ed ho la fortuna di poter rivedere Waikiki e Diamond Head dall’alto. Atterriamo nel capoluogo di Big Island: Hilo. All’aeroporto troviamo un gentilissimo addetto all’assistenza turistica che ci aiuta a prenotare da lì tutti gli alberghi per i giorni in cui effettueremo il periplo dell’isola. Recuperiamo le auto a noleggio già prenotate ed andiamo a lasciare i bagagli nell’albergo di Hilo.


A ben vedere, nonostante le creme solari, abbiamo preso un filo di sole ad Oahu 🏝️ Prese le stanze decidiamo di sfruttare il pomeriggio per salire sul Mauna Kea.

È un vulcano spento, alto 4000 metri, che ospita alla sua sommità uno degli osservatori astronomici più famosi al mondo. Questo perché la sua cima è priva di inquinamento luminoso e priva anche delle nuvole, che normalmente si addensano intono alla montagna a quote più basse.




Ora… noi gruppo si sprovveduti non abbiamo raggiunto le cupole dell’osservatorio, ma semplicemente la stazione per i visitatori. Che, parimenti agli alloggi per gli astronomi ed i ricercatori, è solo a 2800 metri di altezza. E l’abbiamo fatto con comode auto americane, con cambio automatico, climatizzatore inserito e percorrendo comode via dalla moderata pendenza… risultato?!? Il risultato sono un gruppo di sprovveduti appunto che esce dalle auto a 2800 metri vestiti con una maglietta ed un costume da bagno, con non so quanti pochi gradi ed un vento teso da tagliare in due. E per fortuna che nel visitor center vendevano delle utilissime felpe, sennò sarebbe stata la fine 🤪😂
3 agosto 2007

Iniziamo il periplo dell’isola percorrendo la Pepeekeo Scenic Drive, una via panoramica molto suggestiva che si dipana per circa 8 km tra campi di canna da zucchero e località abbandonate e riconquistate dalla giungla.



La prima tappa la facciamo allo Hawaii Tropical Botanical Garden (link qui). Il giardino botanico fu fondato da Dan Lutkenhouse. In vacanza con la moglie, scoprì la Valle di Onomea nel 1977. La coppia si innamorò del posto ed acquistò un terreno vasto 17 acri dove vivere immersi nella natura. Dal 1995 il terreno fu donato a una associazione che ha intrapreso una nuova gestione il cui scopo è quello di sensibilizzare il pubblico alla salvaguardia dell’ambiente e del rispetto verso il nostro pianeta, preservando le numerose specie floristiche per le generazioni future.



Il giardino botanico è costellato da vari sentieri immersi un una vegetazione rigogliosa. Alcuni di questi scendono fino al mare in una baia chiusa da una coppia di scogli, conosciuti come Twins Rocks. Un tempo in questa zona della baia di Onomea sorgeva il villaggio di Kahali’i. Sebbene il villaggio non esista più, gli abitanti della zona si tramandano ancora le leggende legate al loro passato. Una di queste leggende racconta l’origine delle due formazioni rocciose che chiudono la baia di Onomea, scogli che in origine sarebbero stati una giovane coppia altresì nota come come gli amanti di Kahali’i.


La leggenda narra che un giorno uno dei capi villaggio avvistò molte canoe munite di vele dirigersi verso la riva. Temendo un attacco, i capi e gli anziani del villaggio tennero un consiglio per decidere la linea d’azione. Decisero di costruire una barriera per impedire lo sbarco sulle loro spiagge. Non avendo però i mezzi per portare a termine il compito abbastanza velocemente, lanciarono un appello affinché due giovani innamorati sacrificassero le loro vite per proteggere il villaggio. Due giovani risposero all’appello. Fu ordinato a tutti coloro che vivevano a Kahali’i di rimanere in casa dal tramonto all’alba senza accendere alcuna luce o emettere alcun suono, pena la morte. Alla luce del nuovo giorno, tutti scesero verso la battigia dove rimasero stupiti nel trovare gli innamorati scomparsi, e due gigantesche formazioni rocciose sorte dal nulla all’ingresso della baia, attaccate l’una all’altra, come se fossero due guardiani. Il capo villaggio annunciò agli abitanti del villaggio che nessuna canoa avrebbe potuto superare le pericolose correnti che vorticavano intorno alle rocce senza l’autorizzazione dei due guardiani. I due amanti, mutati in roccia, sorvegliano ancora oggi l’ingresso della baia.


Dopo aver lasciato lo splendido giardino botanico raggiungiamo lo Akaka Falls State Park (link qui), per ammirare le omonime cascate. Alte circa 135 metri, si raggiungono tramite un agevole sentiero immerso nella natura.


Ultima tappa del giorno: la Waipio Valley. La valle vanta una lunghezza di circa 1,5 km mentre le scogliere che la abbracciano sfiorano punte di 600 metri sopra il livello del mare. La strada per accedervi ha una pendenza media del 25%, ma in alcuni punti raggiunge addirittura il 40%, tanto da essere nota come la strada più ripida di tutti gli Stati Uniti d’America. Non essendo le nostre auto dei 4×4 le parcheggiamo a monte della valle e scendiamo a piedi fino al mare. Ci aspetta una spiaggia di sabbia nera con un mare pieno di sassi e scogli. Passiamo lì il resto del pomeriggio fino all’immancabile acquazzone. Ottenuto il passaggio sul cassone di alcuni pickup per risalire, raggiungiamo Honokaa.

Dormiamo all’Hotel Honokaa Club, un albergo risalente al 1927 e costruito in legno con la tipica architettura definita plantation style.
4 agosto 2007

Prima tappa del giorno una delle tante turtle beach descritte nelle guide – in molte delle spiagge delle Hawaii è facile avvistare tartarughe di mare.



Come già accennato l’accesso al mare è sempre libero, come non ci sono vincoli alla costruzione di case sul litorale. E così ci ritroviamo a passare davanti a quella che eleggiamo come nostra casa ideale (la vedete in foto su): ampie vetrate sul mare, sdraio all’ombra di un albero con amaca a completare il quadretto, tranquillo giardino ed un’incantevole baia di fronte.


Si torna in macchina e ci spostiamo al Pu’ukohola Heiau National Historic Site (link qui). Il sito presenta la ricostruzione di un antico villaggio di pescatori ma soprattutto quello che rimane di un antico tempio, ossia il suo basamento in pietra, dato che la struttura lignea è andata distrutta. Il termine Pu’ukoholā Heiau significa Tempio sulla collina della balena e fu costruito intorno al 1790 sulle rovine di un tempio più antico, risalente probabilmente al 1580. Ogni pietra rossa, prelevata dalla valle di Pololu, fu portata a mano da una catena umana per circa 22 km e assicurata alle altre senza malta. La sua importanza è direttamente legata alle gesta di Kamehamea I il Grande, primo re delle Hawaii.
Nel 1782 l’ambizioso principe Kamehamea aveva ormai ottenuto il controllo della parte nord occidentale dell’Isola di Hawaii, ma per i successivi otto anni restò impantanato in una serie di scontri infruttuosi col cugino, dominatore della parte est dell’isola. Nel 1791 il cugino accettò un incontro diplomatico nel luogo sacro ma lui ed il suo seguito furono catturati e massacrati da Kamehamea. Riunificata così l’isola il re proseguì nella conquista del resto dell’arcipelago, fondando nel 1810 il Regno delle Hawaii.


Proseguiamo il nostro viaggio lungo la costa, alternando bagni e soste per ammirare il paesaggio fino a raggiungere Kailua-Kona.




Kona è stata la prima capitale del Regno delle Hawaii (poi i successori di Kamehamea I spostarono la capitale prima a Lahaina, sull’isola di Maui, e successivamente ad Honolulu, sull’isola di Oahu). Il suo nome è legato alle piantagioni di caffè che effettivamente è altra cosa rispetto alla sciacquatura di piatti che spesso si rischia di bere negli USA. La cittadina è piccola e sonnolenta . come tutte quelle della Hawaii. Una visita la merita la Saint Benedict Painted Church (link qui). Realizzata tra il 1899 ed il 1902 da un missionario belga, è una piccola chiesetta lignea bianca, dall’interno interamente affrescato con allegri motivi religiosi e tropicali (che non ho fotografato perché quando siamo arrivati era in corso una affollata cerimonia religiosa).
5 agosto 2007

Prima tappa della giornata il Puʻuhonua o Hōnaunau National Historical Park (link qui). Il parco include numerosi siti archeologici tra cui antichi templi, luoghi di pesca, villaggi costieri e piste caratteristiche.



La fama del sito è legata al fatto che gli antichi hawaiani, quando infrangevano una delle loro severe leggi chiamate kapu, si rifugiavano in quest’area per salvarsi dalla condanna a morte. Era un luogo di esilio anche per coloro che sfuggivano alla guerra o erano guerrieri sconfitti. Ancora oggi è un’oasi di pace e tranquillità. Un posto incantevole e magico.



Lasciata Kona raggiungiamo Ka Lae, meglio conosciuta come South Point. Come si deduce dal nome, è il punto più meridionale dell’arcipelago, ma anche di tutti gli Stati Uniti. Più ci avviciniamo al Kilauea, il vulcano attivo, più la natura recente di Big Island risalta. Ormai le spiagge sono solo di sabbia nera, le scogliere sono di scura roccia lavica. A South Point ci si tuffa. Lo si può fare dai pontili di legno, muniti di scalette per la risalita, se si è particolarmente ardimentosi. O in una grotta a cielo aperto nella scogliera, collegata al mare, se si è solo ardimentosi.



Noi però non apparteniamo né alla categoria dei particolarmente ardimentosi, né a quella degli ardimentosi. E allora ci spostiamo alla Punaluʻu Black Sand Beach, una scenografica spiaggia di sabbia nera poco distante.





In serata entriamo nel parco del vulcano Kilauea e raggiungiamo la magnifica casa che abbiamo prenotato. A mille metri di altezza, circondati da una vegetazione lussureggiante, abbiamo un’enorme abitazione tutta per noi, zeppa di camere, bagni, una cucina ed un salone enormi e soprattutto una veranda con dondolo e vasca idromassaggio!!! Ovviamente vasca idromassaggio e dondolo ci catturano e l’idea di fare la spesa per sfruttare la cucina sfuma. Finale: ordiniamo delle pizze. Ovviamente pessime 🤪 Ma recuperiamo bevendoci qualche birra nella calda acqua della vasca sotto il cielo stellato 🔝
6 agosto 2007
Il Kilauea, parte del Parco Nazionale Vulcani delle Hawaii (link qui), è alto 1.247 metri ed è considerato il vulcano più attivo del mondo. Produce una lava liquida che scorre velocemente ed è quindi considerato pericoloso. Tendenzialmente la lava scorre sottoterra nei lava tube e raggiunge il mare dove può solidificare in fretta, dando vita ad archi naturali. Quando una di queste colate si interrompe il livello della lava scende velocemente creando nei lava tube un piano di calpestio che li rende percorribili con relativa facilità.
Prima della nostra partenza il vulcano gettava in mare due colate di magma che davano vita ad uno spettacolo memorabile. Ma appena una settimana prima della nostra partenza queste due bocche si sono chiuse ed al momento esiste un lago di lava (assolutamente non avvicinabile per motivi di sicurezza) che ancora non si è aperto la via verso il mare.





Dal visitar center si raggiunge il Cratere Iki grazie ad un sentiero che attraversa una fitta vegetazione. Questo fa si che la caldera spenta compaia ai nostri occhi all’improvviso, lasciandoci a bocca aperta. Una vasta piana aliena, grigia e spoglia, circondata da una foresta appunto.



La caldera è piana solo in apparenza. In realtà ha una superficie inframmezzata da vasti canaloni e canyon, con zone ancora calde. La lava è leggerissima. La sua natura estremamente fluida le permette di inglobare molta aria e di avere quindi una struttura porosa.

Nei pressi della caldera è possibile anche visitare un lava tube debitamente attrezzato per i turisti, il Nāhuku Thurston Lava Tube (link qui). Provvisto di illuminazione elettrica e percorsi pedonali, il tunnel si è formato in un intervallo di tempo tra i 350 e i 500 anni, a seguito di un’eruzione dell’Aila’au, un’altro dei crateri presenti sul vulcano.



Riprendiamo le auto e ci spostiamo verso il mare. Dopo qualche sosta per godere del panorama e per ammirare le colate laviche solidificate più recenti – in cui la roccia non è stata ancora erosa dagli agenti atmosferici e presenta le circonvoluzioni e le increspature causate dalla sua natura liquida – raggiungiamo la vecchia strada che una volta passava lungo la costa alle pendici del vulcano.




Qui possiamo ammirare uno di quei getti di lava che si sono solidificati velocemente per formare un arco che si getta in mare. E possiamo salire sulla colata che ha investito la strada, interrompendola. Ancora si vedono pezzi di asfalto e della segnaletica orizzontale sotto la roccia! Per la cronaca la nuova strada passa alle spalle della caldera, ritornando sulla costa solo dopo il vulcano.
7 agosto 2007

Lasciamo il Kilauea per tornare sulla costa. E lungo la strada approfittiamo per fermarci in una azienda che produce bonsai. Il responsabile è ben felice di accompagnarci in questo mondo di alberi in miniatura.

Un insegnamento prezioso che ha tenuto a trasmetterci è che troppo spesso i clienti si fanno guidare dall’estetica nell’ordinare dei bonsai, più che sul buon senso. Anche se in miniatura, la pianta bonsai avrà le stesse necessità della pianta adulta. E quindi piante tropicali difficilmente sopravvivranno a latitudini diverse da quelle di origine.





Dopo questa prima, imprevista sosta raggiungiamo la prima vera tappa della giornata: il Lava Tree State Monument (link qui). Le originali formazioni rocciose che sono presenti in questo parco si sono create nel 1790 a seguito di un’eruzione vulcanica, la cui lava ha coperto gli alberi della foresta. Per un caso particolare la lava non distrusse gli alberi, ma iniziò a raffreddarsi prima di penetrare nella parte più interna dei tronchi. Questo ha fatto si che rimanessero degli stampi pietrificati dei tronchi stessi. Ah… se guardando la prima foto aveste una sensazione di deja vù, tranquilli… sarebbe normale nel caso abbiate amato la scena del primo Jurassic Park quando il professor Grant dorme con i nipoti di Hammond sui rami e vengono svegliati da un brontosauro che pascola 🦕




Proseguendo verso Hilo ci fermiamo più volte: prima una piscina di acqua termale a filo con la costa, poi una piantagione di giovanissimi cocchi appena germogliati, poi una stupenda scogliera di lava nera su cui si infrangono i marosi.
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