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2007

Oahu

Casio Exilim

27 Luglio 2007

Il gruppo da Roma e Milano si riunisce ad Amsterdam e da lì inizia il lungo viaggio verso est che ci porterà a destinazione. Viaggiamo con Korean Air, la compagnia di bandiera della Corea del Sud, prima per raggiungere Incheon (l’aeroporto internazionale di Seoul) e da lì: Honolulu. Volare verso est o verso ovest dall’Italia è indifferente. Le Hawaii sono letteralmente dalla parte opposta del pianeta: fuso orario -12. Se c’è un vantaggio nel volare con una compagnia asiatica è quello legato alla maggior comodità degli allestimenti anche in classe economy rispetto alle controparti europee o statunitensi. Korean Air poi si è rivelata molto attenta anche nella cura del passeggero. Le hostess sono sempre state solerti a preoccuparsi delle esigenze di tutti, percorrendo di continuo i corrodi per sopperire a qualunque esigenza. Così solerti che ad un certo punto si sono guadagnate da parte nostra il soprannome di api operaie 🤪 E non crediate che si limitassero a fornirci pur abbondanti beni di confort non scontati per una classe economy, come mascherine per dormire, spazzolino con dentifricio e calzini. Giuro che ho visto una ape operaia rimboccare la copertina ad un passeggero addormentato!!!

28 Luglio 2007

Le ore passate fuori da una carlinga in questo lungo trasferimento le trascorriamo comunque al chiuso, nella zona internazionale dell’Aeroporto di Incheon. Enorme, modulare, ben concepito, con sovrabbondante spazio per il riposo dei passeggeri in transito. Ceno con un qualche piatto coreano ma non sono mai stato un campione nel dormire seduto in aereo e ho ricordi confusi della sosta in Corea.

29 Luglio 2007

Finalmente verso le 15 ora locale atterriamo ad Honolulu. Ma la mia ansia di uscire finalmente dagli ambienti chiusi e condizionati viene subito frenata dagli agenti di frontiera statunitensi. In quattro siamo invitati ad attendere in una saletta… gli americani sono sempre molto gentili ma determinati in queste procedure. Per raggiungere la porta della sala abbiamo percorso uno dei suoi lati costituito di pannelli di plexiglass scuro che ci anticipavano come saremmo stati gli unici ospiti. Una volta entrati abbiamo condiviso tra noi la sgradevole sensazione di scoprire che da dentro il plexiglass non è più trasparente, ma opaco. E che la porta è stata chiusa a chiave. Dopo una mezz’oretta di attesa, a turno siamo convocati uno alla volta per i chiarimenti di rito. Io ed un altro collega spieghiamo che si, sulla green card abbiamo scritto che lavoriamo per un’industria farmaceutica, ma siamo semplici drug seller. Un altro partecipante spiega che si, ha dichiarato di essere un farmer perché è un agronomo ma in realtà fa il teacher nella vita. Ed infine la più sfortunata di noi spiega che si, il suo passaporto è danneggiato ma per colpa di una funzionaria della Korean Air durante la procedura di riconferma dei biglietti ad Incheon. Nessun problema madam, lo annulliamo dal giorno dopo il vostro rientro in Italia. Graaaaazieeeee

Fi-nal-men-te usciamo!!! Il gruppo ci sta aspettando al ritiro bagagli. Hanno anche i nostri quattro bagagli. I nostri si, ma ne manca uno comunque. Vai con la procedura al lost & found 🏷️ Efficienza coreana: già trovato! È rimasto ad Amsterdam!!! Ci facciamo i conti con le loro tempistiche e lo facciamo indirizzare direttamente all’aeroporto di Big Island, così da essere sicuri di recuperarlo anche se ci fossero altri contrattempi. Tanto il programma ad Oahu prevede spiaggia e mare e con un costume e due magliette si risolve facilmente il disagio.

E dopo questa lunga premessa riusciamo a lasciare la zona internazionale ed a mettere piede ad Honolulu. Avete presente quelle scene da film con ragazze in gonnellino che accolgono i turisti con collane di frangipane? Ecco, quelli sono film appunto 😂 In realtà il servizio accoglienza è previsto dai resort che recupero i loro ospiti. In alternativa alcune ragazze sono disponibili per una foto ricordo a pagamento, con tanto di cartonato a fare da sfondo tropicale. Per noi della classe economy ci sono distributori automatici di collane di frangipane, che costano tanto e durano poco. Poi c’è sempre l’alternativa di approfittare della gentilezza dei locali per farti prestare una loro collana 🤷🏻‍♂️

Raggiungiamo il nostro alberghetto a Waikiki. Il quartiere è il centro dell’industria turistica hawaiana ed ospita hotel moderni (come l’Hilton Hawaiian Village, l’Hotel Halekulani, lo Hyatt Regency Waikiki, il Trump Waikiki e lo Sheraton) e storici, risalenti all’inizio del XX secolo (come il Moana Surfrider Hotel e il Royal Hawaiian Hotel). l nostro è proprio alle spalle dell’Hilton, ma al contrario di quello è totalmente dimenticabile 😬

Waikiki si presta ad un turismo concettualmente diverso da quello che cerchiamo noi. Quella che una volta era una zona immersa nel verde e con una spiaggia incantevole, dove sorgevano poche case e qualche albergo, ora consiste in una distesa di grattacieli che garantiscono il sessanta per cento della capacità ricettiva dell’arcipelago. Qui sotto potete vedere un’immagine degli anni ’30 (link qui). Considerate che tutto quello che vedete al di sotto del Diamond Head (l’enorme cratere sullo sfondo) ora è una colata di cemento!

Comunque sia, disfatti i bagagli e messi i costumi da bagno scendiamo in spiaggia per un po’ di relax. Lo Stato delle Hawaii proibisce attività commerciali sulle spiagge. Non ci sono stabilimenti, né baracchini, né qualcuno che ti affitta un ombrellone. In compenso lo Stato garantisce, a distanze prefissate, bagnino, bagni (con carta igienica), fontanelle con acqua potabile e docce: la civiltà!!!

A Waikiki hanno costruito letteralmente i resort sulla spiaggia, quindi ci si trova con le persone comuni in spiaggia o sui prati a prendere il sole e fare il bagno. E gli ospiti dei resort che fanno la stessa cosa per lo più assiepati intorno alle piscine ed ai bar delle loro strutture. Waikiki Beach, per quanto rinomata, è molto distante dalle nostre aspettative ma ci è utile per recuperare un po’ di energie dopo il giro del mondo.

Si fa ora di cena e partiamo alla conquista della vita notturna di Waikiki. Ceniamo vicino al nostro albergo e niente… siamo cotti, domani sera andrà meglio 😴

Sebbene Waikiki sia un’eccezione e qui si trovino ristoranti aperti anche fino a mezzanotte, questa non è affatto la regola nell’arcipelago. Qui siamo nella “provincia” americana: si lavora 9to5 e si cena 5to8, dalle 17 alle 20 😬 Alle 20 le porte dei locali vengono chiuse e chi fosse già dentro verrà comunque servito.

30 Luglio 2007

Stamane visitiamo il sacrario di Pearl Harbour. Appena arrivati ci scoraggiamo vedendo la lunga fila che si dipana dall’ingresso. In realtà l’accesso al sito è contingentato per gruppi di persone, in quanto ogni gruppo andrà a riempire un traghetto che porterà i visitatori al Pearl Harbour National Memorial (link qui), una struttura costruita sul relitto affondato della USS Arizona.

Dopo aver pagato il biglietto approfittiamo del tempo restante prima della partenza del nostro traghetto per visitare l’USS Bowfin (link qui), un sottomarino della Seconda Guerra Mondiale musealizzato.

Arrivato l’orario del nostro traghetto, veniamo invitati ad accomodarci in una sala cinematografica dove viene proiettato un documentario che spiega ai visitatori ignari come questo non sia un luogo di divertimento, ma un sacrario dedicato alla memoria dei 1.177 marinai e marines (sui 1.512 a bordo) che morirono nell’esplosione della corazzata USS Arizona, la cui santa barbara fu colpita da una bomba durante l’attacco dell’aviazione della Marina Imperiale Giapponese il 7 dicembre 1941.

l’esplosione della USS Arizona

YESTERDAY, December 7, 1941 a date which will live in infamy the United States of America was suddenly and deliberately attacked by naval and air forces of the Empire of Japan.

Franklin D. Roosevelt

Nella baia, oltre il sacrario, sono stati erette delle sagome a rappresentare le altre corazzate della Flotta del Pacifico. Colpisce quanto fossero addossate l’una all’altra e quindi quanto fossero state un bersaglio facile per gli aerei giapponesi.

Il sacrario consiste in un bianco pontile coperto che attraversa trasversalmente lo scafo sommerso del relitto. Subito dopo l’affondamento le torri corazzate della nave vennero rimosse, insieme ai torrioni di comando ed a parte della sovrastruttura, quindi a pelo d’acqua sono rimaste solo poche parti. Nel sacrario è presente una parete di marmo su cui sono riportati i nomi dei marinai periti nell’esplosione.

Dal sacrario un altro traghetto ci sbarca su Ford Island, dove visitiamo anche la USS Missouri (link qui), ultima corazzata varata dagli Stati Uniti ed ultima ad essere rimossa dal servizio attivo. Fu sul ponte della USS Missouri, ancorata nella Baia di Tokyo, che il 2 settembre 1945 i rappresentanti giapponesi firmarono l’atto di resa. Abbiamo così ammirato i massicci cannoni, visitato le cabine dell’equipaggio e abbiamo ammirato la vista dal ponte di comando della nave. Dalla Missouri è possibile anche vedere la torre di controllo del campo di aviazione a protezione della baia. Parte del Pearl Harbour Aviation Museum (link qui) la torre è stata lasciata intatta a memoria dell’attacco [update: la torre è stata restaurata nel 2022 ed è ora visitabile].

Tornati sulla terraferma prendiamo un autobus e raggiungiamo Diamond Head, il cratere che svetta a sud di Honolulu. La formazione è tecnicamente una base militare, la fortezza posta a difesa di Honolulu. La cima del cratere però è un parco naturale ed è visitabile. Ma come avevo accennato in precedenza qui si lavora 9to5 e noi arriviamo troppo tardi per poter entrare. Torniamo a Waikiki per goderci il tramonto in spiaggia.

31 luglio 2007

Oggi abbandoniamo Honolulu per immergerci in quegli scenari da cartolina che ci hanno spinto ad intraprendere questo lungo viaggio. La nostra prima tappa è Turtle Bay, quasi all’estrema punta nord dell’isola di Oahu. Deve il suo nome alla tartarughe marine che ne popolano le acque ed ospita il Turtle Bay Resort (link qui), un cazzotto in un occhio in cemento armato che raggruppa circa 400 stanze, piscine ed un campo da golf.

Prendiamo il nostro primo sole sulla spiaggia ma non riusciamo a fare un bagno perché, sebbene la spiaggia sia sabbiosa, il fondo marino vicino il litorale è roccioso e non abbiamo scarpe da scoglio. Ci spostiamo allora leggermente più a sud, a Sunset Beach. Arrivando con l’autobus scendiamo all’omonima fermata e ci incamminiamo in un sentiero che si apre all’interno di un rigoglioso palmeto. Lo percorriamo finché, all’improvviso, siamo su una splendida spiaggia che si affaccia su un mare da favola!!! Le incertezze svaniscono ed abbandonati gli zaini siamo tutti in acqua a goderci un bagno.

Come avevo anticipato le attività commerciali sono proibite sulle spiagge delle Hawaii. Si trovano a distanze prestabilite bagnini, docce, fontanelle e bagni ma nessuno che affitti ombrelloni o soprattutto venda del cibo. Quindi se per voi, come per me, il pranzo fosse importante, organizzatevi dalla mattina con dei panini.

Decidiamo di percorrere a piedi sulla riva la distanza che ci separa dalla Banzai Beach. Questa costa, che fa parte del Ehukai Beach Park, è nota nel mondo dei surfisti come Banzai Pipeline o semplicemente Pipeline. Questa spiaggia d’inverno è frequentatissima dai surfisti ma può altresì essere molto pericolosa, con onde che raggiungono i 7 metri di altezza. Adesso è estate e l’unico rischio che si corre è un’insolazione – siamo sempre all’equatore e ad ora di pranzo il sole picchia più che da noi 😎

Tappa successiva: Waimea Bay Beach. Questa è indubbiamente uno dei posti più belli di Oahu. Il mare è cristallino e la spiaggia, stupenda, è divisa in due dalla foce di un fiume, il Waimea River. Ma Waimea non ci consente solo di goderci il sole ed il mare. Alle spalle della spiaggia, risalendo il fiume, si entra nella Waimea Valley (link qui). La Waimea Valley è un sito di grande importanza storico-culturale per l’isola di Oahu e per la popolazione hawaiana. Circa mille anni fa, l’area attuale della valle venne assegnata dai viaggiatori provenienti dalla Polinesia agli alti sacerdoti, figure speciali che riuscivano a sfruttare i campi fertili della valle così bene da ricavarne abbondanti provviste per la popolazione locale durante tutto l’anno. Ancora oggi, questo luogo viene chiamato con il nome di Valle dei Sacerdoti. Inoltre, la valle presenta tutt’oggi un forte valore simbolico per i residenti. Infatti, vengono ospitate al suo interno diversi siti religiosi in onore delle quattro divinità adorate dalla religione politeista professata dai locali: Ku (dio della guerra), Lono (dio della pace), Kanaloa (dio dell’oceano), Kane (dio delle foreste e degli alberi).

Seguiamo il percorso che ci permette di attraversare un meraviglioso giardino botanico che alterna piante dai fiori colorati ad alberi maestosi, per raggiungere le Waimea Falls, che danno vita ad un piccolo laghetto dove fare il bagno.

Torniamo quindi sulla spiaggia per goderci il tramonto, sonnecchiando in sua attesa. Quando… 🌦️ comprendiamo subito perché sulle targhe automobilistiche sia sempre disegnato un arcobaleno 🌈 Arriva dal mare una bella nuvoletta, letteralmente ci diluvia addosso e se ne va!!! 🤪 Queste brevi piogge improvvise saranno la norma e di regola non creeranno mai problemi – tanto poi esce il sole e ci si asciuga in un attimo. Però adesso siamo a sera e dobbiamo salire su un autobus per tornare ad Honolulu. E qui gli autobus hanno tutti l’aria condizionata 🥶

1 agosto 2007

Levataccia all’alba per recuperare la mancata visita a Diamond Head. Trauma iniziale: anche all’alba l’aria condizionata è accesa sugli autobus 🥶 soluzione pratica in mancanza di felpa: sedersi ai posti di coda, sono separati da una lamiera dal motore e si sta caldi!

Diamond Head (link qui) è un cono vulcanico di circa 300 mila anni fa e il cui cratere è a 228 m sul livello del mare. Il suo nome hawaiano è Lehi, probabilmente dall’unione di lae, che significa promontorio, e ahi, che significa tonno, perché ha la forma della pinna dorsale di un tonno. A causa dello splendido panorama che si gode dalla cima del cratere in passato questo luogo fu utilizzato come punto di osservazione strategico militare dell’esercito statunitense, per prevenire gli attacchi contro Honolulu. Per questo ai suoi piedi fu costruito Fort Ruger, sede della riserva militare, e al suo interno furono scavati Battery 407, un centro operativo di emergenza della Guardia Nazionale, e il Birkhimer Tunnel, quartier generale della difesa civile delle Hawaii. Detto ciò, la cima del cratere è un Monumento Naturale Nazionale e può essere raggiunta tramite un sentiero che effettivamente può essere impegnativo. Alcune parti del percorso infatti si snodano attraverso una strada rocciosa irregolare, tunnel sotterranei bui, vecchi bunker militari e i ben 99 scalini finali, che sono davvero ripidi. Ma il premio finale, la vista, è eccezionale!

Tornati a valle ci scattiamo una foto ricordo. Ma quello che ci colpisce è che intorno a noi ci sono dei poliziotti che sorvegliano dei lavoranti in tuta arancione. Deduciamo che siano prigionieri atti a svolgere lavori socialmente utili – o la versione moderna dei lavori forzati, come commentano alcuni del gruppo.

Recuperata la visita a Diamond Head decidiamo di dedicarci di nuovo a mare e spiagge, cambiando lato dell’isola rispetto ad ieri, ed andando al Kailua Beach Park.

Il posto è bellissimo: sabbia bianca, palme da cocco, mare cristallino. Peccato per il meteo che oggi su questo lato dell’isola sia pessimo. Il cielo plumbeo ci nega i colori, ma comunque ci divertiamo con i cavalloni e ci rilassiamo sulla spiaggia.

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