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2025

Cochin

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28 Dicembre 2024

Siamo un gruppo di dieci persone divisi in due voli, da Roma e da Milano. Noi da Roma voliamo con Qatar Airways con uno scalo a Doha di circa tre ore nell’Hamad International Airport. Spendiamo il nostro tempo girovagando per l’aeroporto dove, oltre ai soliti negozi di moda e di elettronica ed alle istallazioni artistiche, apprezziamo lo spazio verde chiamato The Orchad (il frutteto). Creato in occasione dei Mondiali di Calcio del 2022 contiene più di 300 alberi e 25000 piante provenienti da foreste di tutto il mondo.

Non è il nostro caso ma effettivamente con scali di molte ore dev’essere piacevole potersi rifugiare in uno spicchio di natura sotto le asettiche volte d’acciaio e vetro dell’aeroporto. Sono presenti infatti delle panchine e piccoli spazi di finta erba in cui accomodarsi, con il rumore di una cascata a sopire il classico chiacchiericcio dei terminal.

Atterriamo alle 2 del mattino all’aeroporto di Cochin (pr. còcin) e qui inizia il calvario del controllo passaporti. Per entrare in India serve, oltre al classico passaporto, la copia cartacea e a colori del visto compilato online prima della partenza. La procedura più lunga che abbia mai affrontato finora per una pratica del genere! Tre quarti d’ora per compilare tutti i campi, compresi quelli con richieste assurde – tipo nome e cognome dei genitori, nonché i loro luoghi di nascita 🤷🏻‍♂️ Pochi i funzionari presenti a quest’ora, fila lentissima, addirittura una poltrona su cui sedersi davanti i gabbiotti così da attendere comodamente i vari controlli.

Con calma ne usciamo, provati ma ne usciamo. E grazie ad Anas, il nostro driver che ci aspetta a quest’orario improbabile all’uscita dell’aeroporto, raggiungiamo il Good Karma Inn (link qui). L’aeroporto è distante da Cochin e nel buio della notte notiamo fin da subito l’abbondante presenza di chiese cattoliche illuminate e decorate per le festività natalizie.

29 Dicembre 2024

Di prima mattina anche il resto del gruppo ci raggiunge al Good Karma Inn ed una volta riuniti ci prepariamo per il nostro tour della città in tuc tuc.

Il nostro primo approccio alla cultura locale in realtà era iniziato già ieri sera, quando eravamo passati in auto davanti la statua dorata di un guru locale. Già Anas ci aveva accennato qualcosa su di lui ma eravamo abbastanza cotti da non aver recepito troppo. Visto che però il suo ritratto campeggia anche nella reception del nostro homestay chiediamo spiegazioni ai nostri ospiti. Scopriamo quindi che si tratta di Sree Narayana Guru (link su Wikipedia qui), un leader spirituale attivo nel Kerala agli inizi del ‘900 che aveva guidato un movimento di riforma contro la suddivisione in caste della società. Il suo motto infatti era one caste, one religion, one god! Ci piace questo guru 😄

Con tre tuc tuc iniziamo la nostra visita di Cochin. Brevi cenni storici. Fort Manuel of Kochi fu il primo forte europeo sul suolo indiano, controllato dalla Compagnia delle Indie Orientali Portoghese dal 1503 e dal suo nome deriva quello della città: Fort Kochi. Nel 1683 la colonia fu conquistata dagli Olandesi, che distrussero molti edifici portoghesi, in particolare le chiese ed i conventi cattolici. Nel 1795 infine furono gli Inglesi ad impossessarsene.

Prima tappa, la Cattedrale Basilica di Santa Cruz. La chiesa presenta uno stile architettonico che fonde vene indo-europee a caratteristiche goticheggianti. L’edificio originale fu eretto nel 1505 dai Portoghesi e risparmiato dalla furia religiosa degli Olandesi per essere poi demolito nel 1795 dagli Inglesi. La chiesa attuale fu invece eretta nel 1905 e proclamata basilica nel 1984 da Papa Giovanni Paolo II.

Nei luoghi sacri, come nelle case, in India si entra a piedi nudi. A volte troverete cartelli ad indicarlo, ma nel dubbio basta buttare un occhio alla presenza di ciabatte e sandali davanti l’ingresso per non sbagliare.

Non visitiamo la chiesa perché la funzione è in corso e la navata è gremita di fedeli. Fin da ieri sera comunque notiamo che la decorazione natalizia più utilizzata in Kerala è la stella cometa, che qui troneggia nel sagrato con al centro l’effige della sacra famiglia.

Dopo una pausa caffè al Qissa Cafè (link qui) ci spostiamo sul lungomare dove si tiene il Cochin Carnival, un festival variegato che si svolge ogni fine anno dal 1984. Sulle sponde possiamo vedere le caratteristiche reti da pesca cinesi, chiamate cheenavala in lingua Malayalam. Queste in realtà sono stazioni di pesca fisse tipiche delle coste indiane ed indonesiane e devono il loro nome alla credenza che siano state introdotte dall’esploratore cinese Zheng He.

Torniamo sui tuc tuc per andare a visitare la non lontana Church of Saint Francis. Costruita nel 1503 è una delle chiese più antiche dell’India. In questa chiesa fu sepolto inizialmente l’esploratore Vasco da Gama, morto di malaria a Cochin nel 1524. I suoi resti furono successivamente traslati a Lisbona e riposano ora nel Monastero dos Jerónimos. Questa fu una delle poche chiese cattoliche a non essere distrutta dagli Olandesi perché riconvertita in una chiesa protestante.

Avremmo dovuto visitare il Dutch Cemetery, ma il più antico cimitero europeo in India – risale al 1724 e contiene 104 tombe costruite in granito e laterite rossa – è chiuso. Per restauri dicono alcuni. Perchè divenuto luogo dove consumare illegalmente hashish secondo i nostri driver. Fatto sta che non ci resta che andare a vedere il mare a Fort Kochi Beach. La spiaggia è piena di indiani che si scattano selfie con i piedi nudi sul bagnasciuga. Ve lo anticipo fin d’ora anche se ne riparleremo a Varkala: gli indiani NON sanno nuotare 🤷🏻‍♂️ I 30 gradi si sentono tutti ed approfittiamo di un chiosco dove spremono canne da zucchero per bere un bicchiere di… acqua e zucchero 😎

Dopo una rapidissima sosta in un negozio di spezie e tè andiamo al Dhobi Khana Public Laundry. Questo è un luogo particolare, un retaggio dell’epoca coloniale dove i Vannan, una comunità di lingua Tamil, proseguono il tradizionale mestiere di lavanderia e stiraggio dei loro antenati. Si narra che fu il re di Kochi a far affluire i Vannan da Coimbatore e Tirunelveli per lavare le uniformi dell’esercito portoghese prima e olandese poi. Qui i panni vengono lavati, stesi ad asciugare al sole e stirati sovente con ferri da stiro riempiti di carbone da legna!

Nuovo giro sui tuc tuc per spostarci sul lato orientale del promontorio di Fort Kochi, zona che prende il nome di Mattancherry. Il quartiere di Mattancherry è famoso per ospitare le più diverse fedi religiose. Nella fede hindu esistono varie anime e ci fermiamo presso due templi importantissimi per la popolazione Konkani. Questa popolazione è originaria della zona di Goa, più a nord quindi del Kerala. Ma subì le persecuzioni dell’inquisizione portoghese che portò alla distruzione di molti templi e all’emigrazione di parte della popolazione che non voleva abbandonare la fede hindu. Questa diaspora trovò casa nel regno di Kochi, guidata da un gruppo di bramini detti Gaud Saraswat. Qui però i bramini locali impedirono ai bramini migranti di accedere ai loro templi. Per questo i bramini Gaud Saraswat fondarono il vicino Thirumala Devaswom Temple, ancora oggi un centro importantissimo per la diaspora Konkani (ed il cui accesso è limitato ai soli hindu). A poca distanza da questo sorge al centro di un laghetto il tempio di Kula Mandapam. Consiste di una bella struttura a due piani con un tetto di paglia sormontato da uno strato di rame, il tutto in linea con i dettami architettonici classici del Kerala. Questo tempio è una componente essenziale di alcune cerimonie religiose, come l’Arattu che richiama fedeli Konkani da tutto il mondo. La cerimonia infatti non può essere considerata conclusa se le divinità non sono portate al tempio di Kula Mandapam.

Tappa successiva il Mattancherry Dutch Palace. La residenza fu costruita dai Portoghesi nel 1545 come dono al re Veera Kerala Verma. Fu successivamente rinnovato dagli Olandesi ed utilizzato dai signori di Kochi per le cerimonie ufficiali. Il Palazzo ospita un museo di arte del Kerala, dove ammiriamo dei murali di arte hindu notevolmente ben conservati e risalenti ad un periodo compreso tra il XVII ed il XVIII secolo che raffigurano scene del Ramayana, del Mahabharata e delle leggende Puraniche, con dettagli intricati e colorati.

Dal Dutch Palace i nostri driver ci avevano indicato la nostra tappa successiva, proprio di fronte: la Paradesi Synagogue e la sua torre dell’orologio. La sinagoga fu costruita nel 1568 da Samuel Castiel, David Belila, and Joseph Levi ed è un compendio di arte europea, indiana, cinese e medio orientale. Paradesi significa straniero perché la sinagoga fu costruita da ebrei sefarditi o comunque di lingua portoghese, giunti successivamente ai già presenti ebrei del Malabar.

Finito il tour di Cochin i nostri tuc tuc ci riportano nella zona dell’homestay, dove andiamo al Cochin Cultural Centre (link qui) per assistere ad uno spettacolo di danza kathakali. Il kathakali è una forma espressiva di teatro-danza indiano, originaria dello Stato indiano del sud del Kerala, nata circa 400 anni fa. È considerata una delle più antiche forme di danza dell’India.

È una combinazione spettacolare di teatro, danza, musica e rituali. I personaggi con i volti dipinti di colori accesi e con costumi elaborati rimandano alle storie epiche indù, tratte dal Mahabharatha e dal Rāmāyaṇa. Il kathakali viene danzato da soli uomini che recitano anche le parti femminili.

Un attore di Kathakali, per prepararsi alla rappresentazione, adopera tecniche di concentrazione, abilità e attitudine fisica, tramite un addestramento basato sulla Kalaripayattu, antica arte marziale del Kerala. Arrivando per tempo abbiamo anche potuto assistere alla fase di trucco degli attori!

Ceniamo presso un Family Restaurant al piano terra dell’Hotel The Killians, dopodiché torniamo a piedi al nostro homestay, ammirando di nuovo la Cattedrale Basilica di Santa Cruz addobbata ed illuminata per le festività natalizie.

30 Dicembre 2024

Oggi lasciamo la costa per un intermezzo sui Trappi del Deccan per raggiungere la città di Munnar, a 1700 metri di quota. Ci spostiamo con un comodo pulmino guidato da Anulal, un driver tranquillo e gentile che si destreggia nel caotico traffico di Cochin senza problemi e che sarà con noi per tutto il viaggio.

I Trappi sono una grande provincia ignea situata nell’Altopiano del Deccan, localizzato nella parte centro occidentale dell’India. Questo strano nome deriva dallo svedese trappa, che significa scalinata, ed è utilizzato per indicare la forma a gradoni del paesaggio collinare di queste regioni costituito da stratificazioni di colate di basalto solidificato.

Lungo la strada facciamo sosta alle Cheeyappara Waterfalls, delle cascate che originano vari salti proprio sul bordo della strada. Anche senza averle nel programma non potreste non notarle, sia per la loro maestosità che troneggia sulla via, sia per la costante folla di turisti indiani intenti a farsi selfie 🤳🏻 (a prima vista la passione degli indiani per i selfie supera la nostra!)

Raggiunta Munnar andiamo subito a visitare il Tea Museum (link qui). Fondato dalla Tata Tea nel 2005, il museo mira a preservare ed illustrare ai turisti il ricco patrimonio e l’evoluzione delle piantagioni di tè nella regione. Le piantagioni furono fondate nel 1865 e con un filmato di una mezz’oretta ne viene riassunta la storia. Successivamente gli ospiti vengono introdotti in un capannone dove i macchinari separano, tritano e tostano le foglie di tè.

Lasciato il museo prendiamo le nostre stanze nel Kaippalli Budget Homestay, che è una sistemazione essenziale ma sufficiente per l’unica notte che dobbiamo trascorrervi. Facciamo un giro per il centro di Munnar e, consigliati dal proprietario dell’homestay ceniamo al Saravana Bhavan, un ristorantino frequentato anche e soprattutto dai locali, dove mangiamo benissimo.

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