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2016

Bolivia

Nikon D5300 con Nikkor 18-200 e Sigma 50mm f/1.4 - iPhone 6

7 agosto 2016

Entriamo quindi in Bolivia su un autobus pubblico attraverso il valico di Kasani. Sbrigate le formalità con i passaporti, raggiungiamo Copacabana, dove alloggiamo all’Hostal Sonia (link qui).

8 agosto 2016

La mattina partiamo per un’escursione in barca sul Titicaca che ci porterà a sbarcare sulla Isla del Sol. È una bella isola collinosa, piena di terrazzamenti risalenti all’epoca Inca ed ancora utilizzati per le coltivazioni.

Appena sbarcati ci troviamo di fronte l’Escalera del Inca, 209 ripidi scalini adatti adatti a tagliarti il fiato fin da subito! Superata la scala ci ritroviamo nei pressi di una fontana sacra che si dice sia una fonte della giovinezza…

Da qui potremmo seguire un comodo sentiero che ci porterà ai resti del Tempio del Sol. Ma io con pochi intrepidi decido che è meglio allungare la strada per godere del panorama. E quindi scaliamo il colle fino a raggiungere il crinale e a percorrerlo tutto. Siamo a 3940 metri di altezza e dominiamo con la vista l’isola ed il lago. Raggiunta una croce alla fine della cresta scendiamo tra le rocce fino al tempio e ci ricongiungiamo col resto del gruppo.

Nei pressi del tempio c’è un altro embarcadero dove ci aspetta la nostra barca, che ci riporta a Copacabana. Pranziamo in piazza presso dei baracchini che circondano la fermata dell’autobus, dopodiché visitiamo la Basílica de la Virgen de la Candelaria, Santa Patrona della Bolivia. L’edificio è maestoso ed è circondato da un immenso sagrato. Costruito tra il 1600 ed il 1640 comprende anche una struttura esterna chiamata Capilla Abierta o Capilla de Indios. Questa struttura serviva per officiare il culto all’aperto. Questo era necessario sia per l’enorme afflusso di fedeli che partecipavano alle funzioni, sia perché gli indio erano abituati a tenere cerimonie religiose all’aperto.

Lasciamo Copacabana per raggiungere la capitale. Nel tragitto, a Tiquina, dobbiamo passare il lago su un ferry. Una chiatta carica l’autobus. Ed un’altra noi. Tutto all’apparenza molto precario, ma funziona.

La Paz è una città che ti sorprende. Sei sull’altopiano a 4000 metri ed incontri un primo centro urbano: El Alto. Tecnicamente è la città di La Paz che si è espansa oltre i suoi confini e, sebbene El Alto sia un tutt’uno con La Paz, è una municipalità a se stante. Poi d’improvviso si arriva al bordo del canyon in cui sorge La Paz. Ed un’espressione di meraviglia risuona nell’autobus. Un’intero canyon occupato dalle abitazioni. Con a valle, a 3600 metri, i grattacieli ed i palazzi del potere e sulle pendici le borgate povere e malfamate. Il tutto raccordato da varie teleferiche che permettono rapidi spostamenti alle varie quote. Sia El Alto che la periferia sorta sui bordi del canyon sono posti pericolosi, dove lo Stato a stento controlla il territorio. Le bande locali appendono sui pali della luce dei manichini che dovrebbero raffigurare dei ladri, a significare che la giustizia in quei territori viene amministrata in maniera sommaria. Discendiamo le polverose strade che si dipanano attraverso questi quartieri e raggiungiamo l’Hotel Sagarnaga (link qui).

9 agosto 2016

L’obiettivo di oggi non è visitare La Paz. A lei dedicheremo una giornata intera tra qualche giorno. L’obiettivo di oggi è stabilire un record di altezza difficilmente eguagliabile.

Da La Paz quindi ci spostiamo verso nord, arrivando in vista dell’imponente Huayna Potosì, la cui cima raggiunge i 6000 metri. Attraversiamo paesaggi brulli e deserti a bordo di autobus che lasciano lunghe scie nere dai loro tubi di scappamento. Dopo una sosta per ammirare la maestosità dello Huayna Potosì ci inerpichiamo con i bus per una carrettera stretta e polverosa. È una strada bianca e stretta. Nuvole di polvere alle spalle dei mezzi e lo strapiombo sul lato esposto.

Raggiungiamo la nostra meta, il Chacaltaya. Questa era la stazione sciistica di La Paz, prima che i cambiamenti climatici sciogliessero il ghiacciaio che lo ricopriva. Arriviamo con l’autobus al vecchio rifugio sciistico del Club Andino Boliviano, alla già notevole altezza di 5200 metri. Parcheggiamo e metà gruppo nemmeno vorrebbe scendere, visti gli effetti dell’altezza. Si sentono del tutto senza forze. Entriamo comunque tutti nel rifugio, dove servono mate e bevande calde per ristorare gli ospiti. La parte di noi che reputa di non star soffrendo troppo per la quota decide di provare a raggiungere la vetta. Di fronte a noi, oltre la vetrata del rifugio, vediamo i resti del vecchio argano dell’impianto di risalita. Pensiamo sia quella la meta e ci mettiamo in fila, bardati per resistere al freddo e al vento, e lo raggiungiamo. Per scoprire che la vetta in realtà è più in là 🫠 Di nuovo in fila, passo dopo passo, la raggiungiamo e a turno posiamo per la foto di rito: 5435 metri sul livello del mare!

Spaziamo con lo sguardo intorno a noi. Dominiamo dall’alto quello che non può essere altro che l’Osservatorio Astronomico, unico segno di vita in un paesaggio brullo e selvaggio, punteggiato da qualche laguna e montagne ostili. Lo sforzo per arrivare fin qui è stato grande e l’ossigeno inizia a mancare. La testa gira un po’ e, di nuovo in fila, torniamo al rifugio.

Nel pomeriggio ritorniamo a La Paz per dirigerci a sud della città per visitare la Valle de la Luna. E’ una valle particolare, piena zeppa di pinnacoli calcarei. Il nome le fu dato dall’astronauta Neil Armstrong che, quando la visitò, disse che il paesaggio gli ricordava proprio quello lunare.

Torniamo quindi in albergo dove lasciamo il grosso del nostro bagaglio. Con uno zaino per quattro giorni ed i nostri sacchi a pelo viaggiamo tutta la notte dormendo su un autobus cama, una versione modificata di un autobus turistico dotato di ampie poltrone reclinabili dove, in effetti, si può dormire sufficientemente comodi.

10 agosto 2016

La mattina di buon ora arriviamo a Tupiza. Quanti ricordi… Vorrei tanto rivedere le sue quattro quebradas ma ci vorrebbe una giornata intera ed il tempo è tiranno. La nostra meta non è questa, ma voi se volete potete cliccare qui per sbirciare nel diario del viaggio che feci nel 2011!

Facciamo colazione al mercato mentre l’agenzia che ci scarrozzerà alle lagune d’alta quota ed al Salar de Uyuni, la Alexandro Adventure Travel di Tupiza, ultima i preparativi dei quattro Toyota che ci trasporteranno. Quattro autisti quindi ed una sola cucinera per sedici persone. Siamo troppi perché una sola cuoca riesca a preparare la cena per un’ora decente. Ed infatti ceneremo sempre tardissimo – e nei rifugi dopo una certa ora sarebbe meglio stare nei sacchi a pelo visto che all’esterno la temperatura passa dai 18 gradi diurni ai -10 notturni.

Comunque lasciamo Tupiza e ci inoltriamo verso il sud-ovest boliviano. Facciamo sosta al villaggio minerario di Cerillos, dove conosciamo un maestro che fa lezione ai suoi allievi grazie anche a sei pc su cui gira Windows 8! E chi se lo aspettava di trovare dei computer in un posto dove neanche è sicuro abbiano l’acqua corrente?!? Ci spiega il maestro che sono parte di un programma di istruzione voluto dalla presidenza Morales e, onde preservarli il più possibile dalla sottile polvere di questi luoghi, vengono sempre tenuti sotto dei teli di plastica.

Visitiamo il villaggio di Pululos, dove si coltiva quinoa e si allevano lama. Poi quello di San Pablo e quello di San Antonio de Nuevo Mundo. Entriamo anche in un villaggio fantasma, abbandonato dal 1995 quando la miniera d’oro nelle vicinanze si esaurì. Quasi all’imbrunire raggiungiamo la Laguna Morecon a 4855 metri.

La sera finalmente arriviamo a Quetena Chico. Mi ricordo la piazza principale del villaggio, nonostante i cinque anni passati e riconosco un vicolo dove scattai una foto a due ragazzini. Lì vicino c’è il nostro rifugio.

11 agosto 2016

Ci svegliamo di buon ora: tocca uscire dai sacchi a pelo, vestirsi, fare colazione e preparare i bagagli. Mentre i driver caricano le automobili ci sgranchiamo le gambe alla gradevole temperatura di -2 gradi 😬

Le temperature comunque salgono velocemente e, ben imbacuccati, al sole si sta bene. Lasciamo Quetena Chico e attraversiamo Quetena Grande. Appena usciti dal villaggio avvistiamo – meravigliati – degli struzzi. Ci dicono che sono rari e che siamo stati fortunati a vederli.

La prima laguna che incontriamo è la Laguna Hedionda, alle cui spalle corre il confine della Bolivia col Cile. La strada la taglia in due e l’acqua alle 9 del mattino è ancora ghiacciata. Noi cautamente saggiamo la consistenza del ghiaccio senza però correre troppi rischi.

Poi andiamo alla Laguna Kollpa, dove ci troviamo di fronte uno scenario inaspettato. Non una laguna con dell’acqua ma una piana di carbonato di sodio bianchissimo. Questo minerale così candido, chiamato dai locali kollpa o collpa, è termonatrite, un minerale raro che si reperisce naturalmente solo in una ottantina di siti nel mondo (qui su Wikipedia potete saperne di più).

Attraversiamo il Salar de Chalviri e raggiungiamo la Laguna Polques. Da lì la Laguna Salada, in cui si riversano rivoli di acque calde e fumanti. Siamo infatti in una zona con alta attività geotermica, tanto che la meta successiva si chiama Aguas Termales ed è possibile fare un bagno a 35 gradi di temperatura.

Sosta successiva il Deserto Salvador Dalì, così chiamato per le molte formazioni rocciose isolate, create dall’erosione del vento, che rendono il paesaggio simile ai dipinti surrealisti di Salvador Dalì appunto. Superato il deserto raggiungiamo finalmente la Laguna Verde. Il colore verde smeraldo della laguna è dovuto ai sedimenti che si depositano sul fondo, composti da minerali di rame. Alle spalle della laguna il vulcano Licancabur, che segna anche la linea di confine con il Cile.

Dopo aver rimirato la Laguna Verde ripassiamo alle Termas de Polques. Ci fermiamo per vedere se qualcuno del gruppo volesse godersi un bagno caldo ma nessuno sembra avere intenzione di uscire dagli starti a cipolla in cui è intabarrato 🤷🏻‍♂️ Allora ripartiamo e raggiungiamo Sol de Mañana, una vasta zona geotermica con fumarole e fango sobbollente.

Ero già stato qui nel 2011 e mentre le varie lagune le ho ritrovate magari con livelli più bassi di acqua ma con le caratteristiche che ricordavo, qui ho una sensazione di spaesamento. L’intensa attività geotermica sicuramente modifica in continuazione questa zona e magari ci saremo approcciati da un lato diverso rispetto al 2011.

Ultima tappa: la Laguna Colorada. Come ben rammentavo dal precedente viaggio il pomeriggio la laguna è spazzata da un forte vento. Forse anche qui ci approcciamo da un lato diverso, o forse la laguna si è ritirata notevolmente rispetto a cinque anni fa, ma ho ricordi più spettacolari di questo posto. Consiglio sempre in fase di contrattazione del viaggio di insistere per visitarla la mattina, quando non c’è vento e si può ammirarla con maggior agio. Si sta avviciniamo l’ora del tramonto e raggiungiamo velocemente il nostro rifugio nel Pueblo Villa Mar.

12 agosto 2016

Stamattina fa veramente freddo. Così freddo che i driver debbono preriscaldare i motori delle auto (c’è una presa di corrente apposta nel motore). Noi siamo imbacuccati con tutto quello che abbiamo: sciarpa, guanti, cappellino. Loro caricano i bagagli sul tetto della auto a mani nude 🥶

La prima tappa del giorno è la Valle de las Rocas, una zona dove la lava ha assunto le forme più strane. Visto che sono in corso le Olimpiadi scattiamo una foto sotto una concrezione che appare simile alla Coppa del Mondo calcistica. Scopriamo altre rocce dalle forme simili ad oggetti o animali – c’è n’è una che sembra proprio un cammello seduto. Un’esperienza abbastanza simile a quella della Monument Valley statunitense.

Successivamente andiamo a fotografare qualche fenicottero alla Laguna Vinto. Tappa finale la Laguna Negra, una laguna con poca acqua che prende il nome da una specie di uccelli neri come la pece che depongono qui le uova.

Iniziamo quindi ad avvicinarci al Salar de Uyuni. Nel lungo tragitto che dobbiamo percorrere facciamo sosta a Julaca, una minuscola stazione ferroviaria situata ai bordi estremi del Salar.

La sera raggiungiamo un Hotel del Sal nel pueblo di Puerto Chuvica. Al contrario dei rifugi dove si dorme normalmente, queste strutture a ridosso del Salar hanno l’acqua calda. Per cui possiamo fare una doccia bollente. Che ristoro. Che goduria. I responsabili dell’hotel ci donano una bottiglia di vino boliviano. La stappiamo e rimaniamo stecchiti dalla scia acida che segue il tappo 🤢 Regaliamo la bottiglia al primo driver sotto mano che tutto contento va a scolarsela, garantendosi un sonno profondo ed un anno in meno di vita 🤕

13 agosto 2016

Levataccia mattutina per vedere l’alba. I driver ci hanno già avvertito: farà molto freddo. Farà molto freddo ed in più staremo fermi ad aspettare l’alba appunto. Farà quindi ancora più freddo. Usciamo dal rifugio che in effetti fa veramente freddo 🥶

Entriamo nel Salar de Uyuni, questa enorme piana di sale, di notte e raggiungiamo l’Isla Incahuasi, uno sperone roccioso popolato da licheni e cardones, enormi cactus che crescono di un centimetro l’anno. Ed aspettiamo l’alba. Congelando. Ma lo spettacolo merita il sacrificio 🌞

Sorto il sole le temperature salgono velocemente. Facciamo colazione e ci spostiamo nel mezzo del Salar per delle classiche foto pazze. Non essendoci riferimenti, le prospettive saltano ed è facile giocare con le dimensioni di oggetti e persone.

Proviamo anche a fare qualche “virtuosismo” tipo saltare per sfruttare la slow motion ma… a 3600 metri d’altezza il fiato è quello che è 😂

Visitiamo poi il Museo del Sal. Il museo è ricavato in quello che fu il primo Hotel del Sal. Questa struttura era stata costruita proprio all’interno del Salar ma lo stava inquinando. Ragion per cui fu chiusa e riconvertita. Rispetto a cinque anni fa è stato aggiunto un Monumento alla Dakar Bolivia (link qui). Avete presente la storica gara Paris-Dakar che si svolgeva nel deserto del Sahara? Ecco, si svolgeva appunto. A causa della situazione di guerra in Mali, la gara è stata spostata tra Paraguay, Bolivia ed Argentina. Garantendo comunque la stessa pericolosità della versione storica nel Sahara.

Raggiungiamo infine Uyuni ed andiamo a visitare il Cementerio de Trenes. Da Uyuni infatti partiva una linea ferroviaria che trasportava i minerali estratti nella zona fino ai porti sull’Oceano Pacifico. Tutto questo quando la zona di Atacama era ancora territorio boliviano. A seguito della sconfitta nella Guerra del Pacifico e dell’annessione di quei territori al Cile, la ferrovia fu interrotta ed i treni restarono nello scalo merci di Uyuni ad arrugginire.

Raggiungendo la stazione ferroviaria di Uyuni scopriamo che ci sono molte carrozze storiche esposte, oltre che statue costruite con i pezzi del cimiterio dei treni.

Salutati i nostri autisti e la cucinera, stanchi cerchiamo ristoro nei locali del centro di Uyuni, dove ceniamo. La notte la passiamo su un altro autobus cama per tornare a La Paz.

14 agosto 2016

Arriviamo di buon ora a La Paz. Torniamo all’Hotel Sagarnaga. Ovviamente prima della tarda mattinata è impossibile avere delle stanze ma sono gentili e ci permettono di sfruttarne una non ancora rassettata per lavarci e ristorarci velocemente.

Noi, previdenti, avevamo già preso accordi con la guida che ci aveva portato al Chacaltaya e alla Valle della Luna, Rodrigo, per una visita a piedi del centro di La Paz. Così verso le 9,30 ci avviamo con lui per le strade della capitale della Bolivia – anche se in realtà la capitale legale ed amministrativa sarebbe Sucre, mentre La Paz è la sede del governo. Vediamo varie chiese ed i palazzi del potere, case coloniali e le piazze principali. È domenica e purtroppo i musei sono chiusi. Rodrigo ci porta comunque davanti il Museo del Litoral Boliviano.

Come avevo accennato parlando del Cimitero dei Treni di Uyuni, la Bolivia perse la zona dell’Atacama – ed il proprio sbocco al mare – dopo la guerra col Cile. Rodrigo però ci sottolinea come i boliviani non si siano arresi a questa mutilazione della loro nazione e come a tutt’oggi rivendichino quei territori e come non vogliano assolutamente avere buoni rapporti col Cile. Il dramma è che la Bolivia ha perso TUTTE le guerre a cui ha partecipato – potete constatarlo dalla cartina che ho allegato sopra. Quella col Cile è stata solo l’ultima in ordine di tempo. Seguendo questa filosofia la Bolivia dovrebbe avere buoni rapporti solo con Perù ed Argentina 🤷🏻‍♂️

Quando siamo nella Plaza Murillo (la prima piazza principale in una città sudamericana che non si chiami Plaza de Armas!!! Miracolo!!!) dove sorgono il Palazzo Presidenziale ed il Parlamento, Rodrigo ci racconta che il Presidente prima di Morales, Carlos Mesa Gilbert, aveva tentato – spinto a suo dire dagli Estados Unidos – di far costruire un gasdotto dalla Bolivia al Cile. Ma la rivolta dei Boliviani, ostili all’idea di far affari con i cileni, aveva impedito questa operazione e costretto alle dimissioni il vecchio presidente, spianando la strada all’elezione di Evo Morales.

Rodrigo ci racconta pure che a Natale lo stipendio degli impiegati viene triplicato e che l’orologio del Parlamento gira al contrario perché Morales, ormai al terzo mandato, è di sinistra e ci tiene a farlo sapere! Insomma, il ragazzo è uno che ci crede. Il culto della personalità in Sud America è un qualcosa di abbastanza diffuso, ma finora non avevo incontrato nessuno che tentasse di convincere noi turisti delle proprie ragioni. C’è sempre una prima volta, no?!? 🤷🏻‍♂️

Dato che vogliamo vedere La Paz dall’alto chiediamo a Rodrigo di accompagnarci ad una teleferica per raggiungere un mirador. Rodrigo contratta per noi con l’autista di un autobus pubblico. Approfittando che a quella fermata non erano rimasti passeggeri a bordo, per 25 bolivianos (la moneta locale, corrispondono a poco meno di tre euro e mezzo) prendiamo per noi tutto l’autobus, che quindi interrompe il servizio pubblico e ci porta al capolinea della Linea Roja.

La teleferica che prendiamo consiste in tre stazioni. Una a valle, quella in cui saliamo, a 3600 metri di altezza. Una a metà percorso ed un’altra ad El Alto, a 4095 metri. Durante la salita notiamo che – come avevamo visto nel resto del viaggio in Bolivia, anche nei villaggi più sperduti – ci sono molti campetti da calcio.

Rodrigo ci spiega che a Morales piace il calcio, quindi ha fatto costruire campi e campetti in tutta la nazione! Lo spettacolo dal mirador di El Alto è mozzafiato, con tutto il canyon occupato dalla città ed il Monte Illimani a fare da sfondo. Ad El Alto è giorno di mercato, vorremmo visitarlo ma Rodrigo insiste per scendere: troppo pericoloso per i turisti.

Il pomeriggio giornata libera. Grand doccia e gran dormita per me in albergo. Prima di cena mi faccio una passeggiata al mercado de las brujas, il mercato delle streghe, che si snoda tutti i giorni nei pressi di calle Sagarnaga, nei vicoli intorno il nostro albergo quindi. Si può trovare il necessaire per scagliare una maledizione contro qualcuno: si apparecchia un piccolo altarino corredato da canditi, soldi, cadavere rinsecchito di cucciolo di lama, ecc e poi gli si da fuoco in un posto adatto, tipo una rovina Inca o un altro luogo sacro. Oppure si possono acquistare lozioni e preparati miracolosi per attirare la fortuna o rinvigorirsi sessualmente.

15 agosto 2016

Lasciamo La Paz per visitare il sito archeologico di Tiwanaku. Da quello che ci spiega la guida, Tiwanaku (o Tiahuanaco) fu inizialmente un piccolo insediamento agricolo nei pressi del lago Titicaca. Man mano che l’insediamento cresceva, l’influenza di Tiwanaku si espanse su altre zone, formando infine uno vero e proprio “stato”  verso il 300 d.C.

Tra il 600 e l’800 d.C. Tiwanaku divenne una fiorente città e si affermò come un importante centro cerimoniale nelle Ande meridionali. Continuò ad estendere la sua importanza attraverso la politica, gli accordi commerciali, l’influenza culturale e religiosa, sino a coprire un’area che comprendeva la Bolivia occidentale, il Perù meridionale e il Cile settentrionale. Al suo apice, la città aveva una popolazione tra i  20 ed i 40.000 abitanti.

Fu questa civiltà a diffondere il pantheon di dei che poi vennero adorati dalle altre culture andine, non ultimi gli Inca. Visitiamo i resti della loro piramide a gradoni – le cui pietre furono saccheggiate dai conquistadores per costruire la chiesa nella cittadina omonima – le rovine dei templi e della Porta del Sol.

Notiamo che su una piattaforma ci sono dei residui di un fuoco. La guida ci rivela che sicuramente la notte precedente qualcuno si è introdotto di nascosto per effettuare un rito pagano, uno di quelli per cui nel Mercato delle Streghe di La Paz si vendevano i feticci. Finita la visita proseguiamo il viaggio e passiamo la frontiera con il Perù a Desaguadero – un posto che puzza di fogna da entrambi i lati del confine.

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