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2018

Sine-Saloum

Nikon D5300 con Nikkor 18-200 e iPhone X

31 Dicembre 2017

Raggiungiamo un imbarcadero nei pressi di Toubakouta e tramite una lancia fluviale sbarchiamo sull’isola di Sipo, una delle tante isole del delta del Parco Nazionale del delta del Sine-Saloum (il nome è doppio perchè di fatto il delta è formato da due fiumi, il Sine ed il Saloum appunto).

Istituito nel 1976 questo Parco costa di circa 76000 ettari di ampiezza. Al nostro arrivo nel villaggio (che si chiama come l’isola) incontriamo delle bancarelle che vendono collanine e conchiglie. Veniamo subito adottati da un gruppo di bimbi che ci prendono per mano e ci portano prima a vedere la loro scuola e poi a visitare il villaggio.

Il villaggio è costituito da capanne abbastanza arrangiate ma è famoso per la sua reine, la sua regina. La signora che tutti rispettano e che è diventata un po’ un richiamo per i turisti non è una vera regina, ma ha raggiunto la ragguardevole età di novant’anni ed è benvoluta da tutti. La signora ci viene presentata ed è felice di scattare una foto con tutti noi.

Dopo la foto di rito con la reine lasciamo Sipo e sempre grazie alla lancia fluviale ci spostiamo dall’altro lato dell’isola a Keur Bamboung, un eco-lodge (link qui) dove pranziamo.

Dopo pranzo torniamo a bordo della nostra piroga e riprendiamo a navigare tra i canali del delta. La corrente del delta è lenta e l’acqua dei canali è salmastra. Le isole e gli isolotti sono coperti di foreste di mangrovie e sono costantemente percorsi da lance grandi e piccole, tutte dalle chiglie immancabilmente colorate.

Sbarchiamo sulla piccola isola di Diorom Boumag. Siamo in un posto molto particolare, un’isola grande circa 400 metri composta da gusci di conchiglia. Su questo terreno insolito si erge un bosco composto da imponenti baobab, tra cui uno cavo al suo interno, così grande che riusciamo facilmente ad entrarvi dentro!

Poi al tramonto, sempre in piroga, ci spostiamo al vicino Reposoir des Oiseaux, un’altra isoletta composta da un groviglio di mangrovie dove pellicani, cormorani ed altri uccelli si preparano – alquanto rumorosamente – per la notte.

Torniamo all’approdo di Toubakouta dove passiamo la sera dell’ultimo dell’anno. Nei paesi mussulmani normalmente non si festeggia il Capodanno. In Senegal invece sia il 31 Dicembre che il 1 Gennaio sono festivi! Ma non lo si direbbe passeggiando per Toubakouta. All’imbrunire le vie sono buie e deserte. Di fatto si festeggia solo negli alberghi dove sono i turisti. Ragion per cui ci mettiamo in ghingheri e festeggiamo!

1 Gennaio 2018

Dopo la notte di follie siamo pronti per una lunga traversata in piroga fino a Dijogane, un villaggio di pescatori nel delta del Sine-Saloum.

Questo villaggio è molto più grande di Sipo ed essendo anche oggi festivo le scuole sono chiuse e appena sbarcati siamo subito assediati da frotte di bambini incuriositi dalla visita inattesa.

Abbiamo comunque l’occasione di conoscere il maestro della scuola a cui doniamo penne e pennarelli che ci eravamo portati dall’Italia nella speranza potessero essere utili.

Il villaggio è veramente molto piccolo e lo giriamo velocemente. I bambini si divertono tantissimo ad essere fotografati e a rivedersi nello schermo dei cellulari o delle macchine fotografiche.

Restiamo il centro dell’attenzione del villaggio finché non compare una barca che riporta a casa la locale squadra di calcio, novella vincitrice dii un torneo. Ancor prima di sbarcare tengono la coppa in bella vista. Al porto si raduna una folla di ragazzi e ragazze che attendono lo sbarco del trofeo per portarlo in trionfo per le strade del villaggio.

Per ora di pranzo ci spostiamo in una spiaggetta solitaria per pranzare e riposarci un po’. Nel pomeriggio approdiamo sulle spiagge di Djiffer, un promontorio che chiude a nord il delta del Sine-Saloum. Sulla spiaggia sono in secca decine e decine di imbarcazioni dalle tipiche prue colorate.

L’economia della zona è basata sulla pesca. Gli uomini vanno in mare con le loro imbarcazioni a pescare e raccogliere conchiglie. Le donne invece lavorano a terra le conchiglie, aprendole e pulendole. Oppure seccano al sole il pesce o lo mettono sotto sale.

L’odore a terra è terribile e quello che ci colpisce sono i bambini che si aggirano tra i cumuli di conchiglie e di rifiuti. Mentre finora nel delta abbiamo visto sempre bambini accuditi e curati, qui torniamo a vedere, come già ci era successo dalle parti del fiume Senegal, bambini dai vestiti lerci e strappati.

L’operazione di salatura del pesce viene effettuata in un ambiente fetido e assediato dalle mosche. I tranci di pesce vengono immersi e salati in catini di pietra, il tutto in condizioni igieniche che dire precarie è un eufemismo 😬

Ultima tappa della giornata, il più antico baobab della regione sito lungo la strada che porta a Joal Fadiouth. Dopo aver ammirato questo enorme albero, raggiungiamo Joal Fadiouth per la sera.

2 Gennaio 2018

Nella mattinata visitiamo l’antica isola di Fadiouth. Unita da un ponte pedonale alla terraferma, l’isola è interamente costituita di gusci di conchiglie accumulati dall’uomo dai tempi dei tempi. Sull’isola sorge un villaggio dove – all’opposto delle zone dove siamo stati sinora – sono i cattolici ad essere in netta maggioranza. Tant’evvero che al centro del villaggio c’è una chiesa.

A Fadiouth le conchiglie vengono utilizzate per decorare sia i muri delle case che le colonne della chiesa. È una cittadina molto dedita al commercio dove troviamo i souvenir ed i regali più belli di tutto il viaggio.

Attraversando un altro ponte pedonale raggiungiamo il cimitero. È un cimitero misto, sia cristiano che mussulmano. Un colle fatto di conchiglie, tombe e baobab a muta dimostrazione di come la convivenza tra religione diverse sia la norma nella storia e di come gli odii e le carneficine siano solo il frutto malato di politiche sbagliate.

Al ritorno sulla terraferma visitiamo una scuola dopodichè ci spostiamo a Mbour. Quest’ultima tappa è un fuori programma. È il villaggio di Aliou. Il nostro autista ci porta a conoscere la sua famiglia. Ha una moglie e cinque figli e quando arriviamo ci stanno aspettando con qualche vicino di casa e qualche cugino. Dato che Aliou dopo averci riportato a Dakar dovrà prendere un altro gruppo ci ha chiesto il favore di poter passare qualche ora a casa.

Mentre buona parte del gruppo passa il pomeriggio allo stadio, dove si allena la squadra locale, io e pochi altri accompagnati da Aliou veniamo presentati al marabout del villaggio per poter partecipare ad un rito vodoo.

Cos’è un marabout? Avevo accennato qualcosa all’inizio del diario, quando avevo parlato del mercato dei feticci ma forse è meglio tornarci su. Queste terre – il Senegal, il Burkina Faso, la Costa d’Avorio – sono le terre d’origine del vodoo. Da qui, con la tratta degli schiavi, questa religione animista passò in America Latina prima e nelle Antille poi e di lì, man mano modificandosi, nel sud degli Stati Uniti. Le potenze che nel tempo colonizzarono queste terre sfruttarono gli sciamani per meglio controllare le popolazioni locali, tollerando che a lato delle nuove religioni da loro imposte restassero vive queste antiche figure con i loro riti camuffati come pratiche di medicina tradizionale. E quindi ancor oggi mussulmani e cristiani, osservanti e praticanti, ricorrono senza problemi al marabout per un consiglio o per augurare una pronta guarigione ad un caro. Resta un rito cruento, come potete immaginare un gallo ci rimette la vita. Ma fa parte della cultura e delle tradizioni più profonde di questo popolo.

Quella del marabout non è una pratica segreta. Si seguono dei corsi per diventare marabout. I feticci richiesti in alcuni riti come già detto si vendono liberamente in zone specifiche dei mercati. Ciò non di meno non troverete targhe in giro. E se chiederete, difficilmente qualcuno vi darà indicazioni. Non è un rito turistico. Ce ne eravamo resi conto fin da subito a Dakar, quando alle nostre domande tutti sorridevano e cambiavano discorso.

Il grosso dei marabout sono paragonabili a quelli che nella nostra tradizione sarebbero i maghi bianchi, figure a cui ci si rivolge per augurare benedizioni ai propri cari per proteggerli o favorirne la guarigione in caso di malattia. Esistono poi un ristretto numero di marabout che si cimentano nella previsione del futuro. Ed infine un esiguo numero di marabout che corrispondono ad i nostri maghi neri e a cui ci si rivolge per danneggiare altre persone.

Quello che segue è il mio racconto del rito. Considerate che io non parlo francese e che potrei aver travisato parole o frasi. E che la mia conoscenza del vodoo è molto superficiale, se non cinematografica, quindi non saprei dire se il rito a cui ho partecipato sia stato effettivamente corretto per il vodoo praticato in Senegal.

Il rito viene svolto in una stanza in penombra. Siamo in tre e prima di iniziare il marabout ci porge un quaderno dove ci prega di scrivere i nomi delle persone a cui vogliamo far indirizzare l’energia positiva del rito. Dopo averci chiesto un po’ di noi – ma la barriera linguistica ci rende difficile raccontarci con troppi dettagli – ci fa sedere a terra al centro della stanza. Siamo tutti e tre vicini l’un l’altro e con le mani protese su una ciotola capovolta, con il marabout accovacciato al lato. Mi fa tenere per le zampe il galletto, poggiato sulla ciotola ed il rito ha inizio. Durante la cerimonia il marabout recita delle litanie, lo fa seduto a fianco a noi e lo fa girando intorno a noi mentre, recuperato dalle mie mani il galletto, lo agita in aria scuotendolo in alto ed in basso e a destra e sinistra. Nelle sue preghiere il marabout invoca il potere e le energie di spiriti e divinità. Ma – mi permetto un accenno di sorriso – anche del Presidente del Senegal e dei membri del Parlamento! Penso tra me e me che, visto il divario socio-economico spaventoso che esiste tra un Presidente che vive in quel palazzo faraonico che abbiamo visto a Dakar e chi vive in capanne di legno, sia plausibile per questi ultimi che tali ruoli di potere siano ammantati di una carica mistica. Alla fine delle preghiere il galletto – che ogni tanto mi viene fatto tenere fermo per le zampe – è morto! Per il canone del rito ha assorbito le energie negative e queste gli hanno squarciato la gola! Più prosaicamente il marabout gliel’avrà tagliata con un coltello nascosto nelle ampie maniche del vestito 🐓 Il marabout ci lascia alcuni talismani, dei pacchetti misteriosi che ha composto in cortile prima di raggiungerci nella stanza. Contengono della polvere per un rito di purificazione da svolgere con calma a casa.

Per la notte ci spostiamo a Toubab Dialaw, in un albergo senza pretese – ma veramente senza pretese.

3 Gennaio 2018

Arriviamo a tarda ora al nostro albergo. Ceniamo (male) e ci restano meno di tre ore per riposare. Abbiamo un aereo da prendere molto presto all’aeroporto internazionale di Dakar. Altro scalo a Casablanca e nel tardo pomeriggio siamo a casa.

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