6 agosto 2019

Prima di lasciare Amarillo andiamo a vedere il Cadillac Ranch, una installazione all’aperto del 1974 composta da dieci auto Cadillac, tutte pitturate con spray dai colori vivaci, messe in modo da dare l’impressione di essere piantate nel terreno.




L’installazione è opera del gruppo Ant Farm, composto da Chip Lord, Hudson Marquez e Doug Michels. L’auto descrizione del gruppo definisce Ant Farm come una agenzia artistica che promuove idee che non hanno potenziale commerciale, ma che riteniamo siano importanti veicoli di introspezione culturale.





Prima tappa della giornata Adrian, il midpoint della Route 66: 1139 miglia per Chicago, 1139 miglia per Los Angeles.





Dopo le foto di rito andiamo a Tucumcari per vedere il Blue Swallow Motel (link qui), uno dei classici motel anni 50 che ha fatto la storia della Route. Pensate che ai proprietari, Floyd e Lillian Redman, si deve la realizzazione della famosa insegna ad arco dove, con orgoglio, si pubblicizzava la presenza nelle camere di aria condizionata a refrigerazione (100% Refrigerated Air). Uno slogan che da lì si è diffuso per tutta l’America!





Guidiamo nel deserto verso Santa Fe ma il tempo è burrascoso. È difficile descrivere la sottile sensazione di insicurezza che dia il guidare in questa piana infinita senza punti di riferimento, sovrastati da una nuvolaglia densa e scura ed il veder cadere i fulmini senza riuscire a rendersi conto della distanza. Facciamo sosta nel nulla per il solito rifornimento carburante e scopriamo che come sempre le pompe di benzina in questa terra immensa e spopolata sono ottime occasioni per aprire attività commerciali.





Per ora di pranzo siamo a Santa Fe, un pezzo di Messico trapiantato negli Stati Uniti. Diluvia ma appunto è ora di pranzo e noi occupiamo una bella tavolata al ristorante Del Charro. Dopo pranzo giriamo per la città vecchia, costellata di abitazioni in adobe di massimo un paio di piani.
L’adobe è l’impasto di argilla, sabbia e paglia essiccata all’ombra, utilizzata da molte popolazioni in ogni epoca per costruire mattoni. Facile da realizzare garantisce robustezza ed isolamento alle abitazioni.
Questa è una caratteristica unica di Santa Fe, una delle pochissime città americane (forse l’unica) ad avere un piano regolatore che bandisca i grattacieli dal centro città e pretenda uno sviluppo armonico della sua old town. Inserita perfettamente nel contesto con il suo stile romantico revival la Cathedral Basilica of St. Francis of Assisi (link qui), la chiesa madre dell’arcidiocesi di Santa Fe. Vorremmo tanto visitarla ma ahinoi a quest’ora è chiusa 🤷🏻♂️





Il centro città è costellato di splendide aiuole con magnifici fiori e statue bronzee che riproducono gli animali e le popolazioni native che dominavano queste lande prima dell’arrivo dell’uomo bianco.





Siamo circondati da arte, arte nativa che si esprime sia nelle statue che nelle gallerie d’arte e nell’estro degli artigiani che animano il commercio cittadino. Ed abbondano anche le librerie. Entriamo in una di queste librerie e scopriamo da un mugshot, la classica foto segnaletica della polizia, che qui ci sono ladri di libri!!!





Nella piazza centrale è in corso una festa con musica dal vivo. Le forze dell’ordine, i pompieri ed i poliziotti del SFPD sono molto amichevoli, si prestano a farsi fotografare e a far montare le persone sui loro mezzi per scattare foto.





Noi ci lasciamo giustamente coinvolgere nella festa e balliamo al ritmo della musica. Dopo esserci divertiti abbondantemente si fa l’ora di andare e raggiungiamo in serata Albuquerque, dove dormiamo all’Econo Lodge Downtown (link qui).
7 agosto 2019

Oggi effettuiamo la tratta più lunga del viaggio. Ben 700 km attraverso il deserto di Sonora. È uno dei deserti più estesi e caldi del Nord America e comprende parte di Arizona e California negli USA e parte degli stati messicani di Sonora, Baja California e Baja California Sur.





Il viaggio è un alternarsi di strade che tagliano in linea retta questo paesaggio desertico e di soste per sgranchirsi e rifornirsi in pompe di benzina e diner identici a quelli che popolano il nostro immaginario.





È ormai tardo pomeriggio quando raggiungiamo la città di Tucson (che scopriamo si pronuncia tùson, come se la c non ci fosse) ed il suo Saguaro National Park (link qui, mappa qui). Il Saguaro è un cactus di grandi dimensioni che cresce solo in questa zona tra New Mexico e Messico ed è caratterizzato da tipici bracci a candelabro. E’ un panorama veramente particolare che fa molto film western 🤪





Seguiamo il Loop Drive del parco con l’auto facendo qualche sosta alle piazzole. Ci inerpichiamo per i sentieri più o meno tracciati per scoprire angoli nascosti del parco e goderci la pace ed il silenzio di questo paesaggio così unico.





Ci godiamo il tramonto dalla cima di Signal Hill. Dormiamo a Tucson al Country Inn & Suites by Radisson (link qui)
8 agosto 2019

Iniziamo a spostarci verso nord dove incontriamo un paesaggio più montuoso e sembra sempre di più di essere dentro un film western. Poi noi abbiamo anche i cappelli giusti comprati in Texas per cui ci sentiamo nella parte.





Ci fermiamo lungo la Route 60 al Becker Butte Lookout per ammirare il Salt River Canyon dall’alto. Uno spettacolo magnifico!





Raggiungiamo il Petrified Forest National Park (link qui) ed iniziamo la nostra visita nella zona del Painted Desert. Per la cronaca parliamo di una regione arida caratterizzata da calanchi di rocce contenenti ferro e manganese che di conseguenza le colorano con sfumature di colore rosso e giallo di varie tonalità. Spet-ta-co-la-re! Ah… magari neanche voi, come me, sapete cosa sia un calanco 😬 Eccovi la definizione: i calanchi sono un fenomeno geomorfologico di erosione del terreno che si produce per l’effetto di dilavamento delle acque su rocce argillose degradate, con scarsa copertura vegetale e quindi poco protette dal ruscellamento. Molto più diffuso il termine inglese: badlands. Rende anche meglio l’idea.





Dalla zona del Painted Desert con l’auto (sebbene diviso in due zone, siamo sempre nello stesso parco nazionale) ci spostiamo nel Petrified Forest. La foresta più antica del pianeta con i suoi 225 milioni di anni ed una straordinaria varietà di vegetali fossili, tra cui grandi tronchi trasformati in pietra. Il tutto dovuto ad una violenta esplosione vulcanica che, in epoche remote, ha sommerso prima di cenere e poi di lava la zona nel giro di pochi istanti.





Ci godiamo il tramonto in questo posto veramente unico al mondo. Per la sera ci fermiamo per cena al ristornate Mr Maestas, dopodiché raggiungiamo Gallup e dormiamo al Comfort Inn (link qui).
9 agosto 2019

Oggi è il giorno dedicato alla Monument Valley (link qui). Siamo nella Riserva Navajo, a 1700 metri di quota in un panorama… vabbè in questa zona del mondo viene sempre da dire unico! E a ben vedere 🤩





Percorriamo la valle lungo le strade principali, asfaltate, e imbocchiamo le laterali in terra battuta, che sollevano belle scie di polvere alle nostre spalle. Fondamentalmente la valle è in piano, con le butte o le mesas a costellarla.
Le mesas sono superfici rocciose sopraelevate con la cima piatta e le pareti molto ripide, originatasi per erosione differenziale. Le butte sono le versioni ridotte delle mesas.




Il meteo non è un granché – con il sole il rosso delle rocce sarebbe molto più acceso di quello di cui godiamo. Ma la meraviglia che desta questo posto non cala certo per le nuvole e per la pioggia che ci coglie verso la fine del nostro giro all’interno della valle.






Siamo estasiati mentre giriamo per i viewpoint più famosi, dai Mittens al John Ford’s Point, dal John Wayne’s Point alle Three Sisters, dal Forrest Gump Point all’Artist’s Point. Scattiamo tonnellate di fotografie ai paesaggi e ne approfittiamo per fantastiche foto da copertina per i nostri social.
Lasciata la valle raggiungiamo Moab dove ceniamo al The Blu Pig (link qui) con tanto di musica dal vivo!!!
10 agosto 2019

Tappa principale della giornata: Arches National Park (link qui, mappa qui). Come si può dedurre dal nome, in questo parco abbondano… archi rocciosi. Anzi, qui c’è la più alta densità al mondo di tali formazioni. Parliamo di più di 2000 archi da quelli più piccoli fino al più alto che raggiunge circa i 97 metri.






Un mix tra rocce con differenti composizioni e fenomeni di erosione hanno permesso la creazione di queste meraviglie. Facciamo qualche piccola passeggiata – dire trek mi parre eccessivo 😬 – e girovaghiamo tra varie zone del parco.





Anche qui siamo in quota, a 1500 metri di altezza. La salita nel Plateau del Colorado è sempre lenta e ci si accorge della quota solo perchè ci si affatica quando meno ce lo si aspetta. I colori oggi col sole sono straordinari. Il caldo arancio dell’arenaria contrasta meravigliosamente con la profondità del cielo azzurro.





Nel pomeriggio ci spostiamo al Dead Horse Point (link qui). Racconta la leggenda che spesso i cowboys (qui li chiamano anche wranglers) spostavano mandrie di cavalli selvaggi attraverso gli stretti sentieri del canyon, sfruttando i picchi scoscesi come efficaci recinzioni.




Per ragioni sconosciute un gruppo di cowboys scelsero i cavalli migliori e andarono via lasciando gli altri legati, senza tornare mai più indietro. Rimaste senza acqua né cibo, le bestie morirono nella maniera più atroce. Chi ne trovò i resti – siamo sul finire del 1800 – diede alla zona appunto il nome di Dead Horse Point. Il panorama restituisce una vista magnifica sul fiume Colorado che si stende sinuoso nel centro del canyon.





Capitiamo tra l’altro per caso tra le scene di un matrimonio! I novelli sposi hanno scelto questo canyon illuminato dalla calda luce del tramonto per le foto di rito.
Per gli amanti del film Thelma & Louise è qui che le due protagoniste terminano la loro avventura e non nel Grand Canyon come spesso si pensa.


Per la sera grande spostamento in auto per avvicinarci al Bryce Canyon. Ci fermiamo per fare benzina a Green River e vista l’ora decidiamo di cenare alla Ray’s Tavern. Questo paesino è l’ennesimo archetipo della provincia americana. Siamo sulla main street dove c’è il comune, la scuola, la pompa di benzina e la taverna. Vediamo due condomini in lontananza e delle strade che si inoltrano nel nulla. Pensiamo: spopolato! Entriamo nella taverna e la troviamo piena. C’è un evento di football americano alla televisione e tutti sono a cena per seguirlo. Parliamo col proprietario che ci conferma che lì in “centro” non ci vive nessuno. Hanno tutti le loro case monofamiliari lungo quelle strade che avevamo visto perdersi nell’orizzonte. Dormiamo ad Escalante al Canyon Country Lodge (link qui) dove arriviamo a notte fonda.
11 agosto 2019

Dedichiamo tutta la mattina allo spettacolare Bryce Canyon (link qui, mappa qui). Il Bryce è uno dei più famosi e più bei canyon della zona, con i suoi pinnacoli i cui colori sfumano dal rosso all’arancio e al bianco. Che poi più che un vero canyon, il Bryce è un anfiteatro il cui bordo sale dai 2400 ai 2700 metri di altezza.





Il nome del canyon è legato ad Ebenezer Bryce, un pioniere che costruì una strada attraverso le rocce per facilitare l’accesso ai boschi. A lui si deve il motto legato al canyon come il posto peggiore dove perdere una mucca, frase che ha sempre enfatizzato la tortuosità del labirinto formato dai pinnacoli.
Nel pomeriggio cavalcata nel deserto per raggiungere il Lake Powell e la cittadina di Page. Corsa a perdifiato per essere al tramonto all’Horseshoe Bend (link qui), l’ansa a ferro di cavallo formata dal fiume Colorado e resa famosissima da Instagram.


Arriviamo pelo pelo per vedere il sole scendere sotto le montagne all’orizzonte, riuscendo a scattare qualche foto sgomitando con una nutrita folla di turisti. Dormiamo al vicino Baymont by Wyndham Page Lake Powell (link qui)
12 agosto 2019

Facciamo un salto la mattina di nuovo all’Horseshoe Bend. Se volete andarci di giorno vi consiglio però le ore centrali, perchè le rocce a picco rischiano di fare ombra sulla stretta ansa.




Non sarebbe nemmeno male avere un grand’angolo in effetti. Vediamo infatti anche altri turisti cimentarsi nel difficile tentativo di racchiudere in una inquadratura il soggetto, lo sperone roccioso e soprattutto l’ansa del fiume.





Ma oggi è la giornata che aspetto di più: la visita al Lower Antelope Canyon. Gli Antelope Canyon sono due: Upper e Lower. La differenza? L’Upper è la parte più famosa e visitata, fondamentalmente per due ragioni: è facilmente accessibile e presenta con più frequenza il fenomeno della penetrazione dei raggi di luce. Il percorso è di andata e ritorno nello stesso canyon, e spesso bisogna fermarsi per far passare il gruppo che va nella direzione opposta. Nel Lower l’accesso è un po’ più impegnativo, mediante scalette di ferro e un percorso non semplicissimo. Tuttavia anche il Lower Canyon, pur essendo meno profondo, è molto bello da ammirare e presenta un vantaggio non da poco: la presenza di molti meno turisti e, in alcuni casi, la possibilità di trattenersi all’interno per un po’ più di tempo in caso di poca affluenza. Inoltre, a differenza dell’altro, il Lower Antelope Canyon è un percorso di sola andata.





Noi non abbiamo avuto difficoltà a scegliere: per oggi c’era posto solo nel Lower 😎 Abbiamo prenotato con Dixie Ellis (link qui). Per quanto riguarda la bravura delle guide che ti accompagnano nel canyon bisogna essere fortunati. Buona parte del gruppo era con una guida molto preparata che spiegava bene il come ed il perchè si fosse formata questa meraviglia. Io ed altri eravamo stati aggregati ad altri turisti e siamo stati appunto meno fortunati con la nostra guida 😅 Comunque abbiamo prenotato il tour delle 11-11,30 che è il momento migliore per apprezzare la particolare illuminazione di Antelope. Un’esperienza spet-ta-co-la-re. Da ritornarci.





Nel pomeriggio abbiamo l’ennesimo lungo trasferimento, reso però meno noioso da una spia della pressione gomme che si accende. Alla sosta carburante ne approfittiamo per farci dare una controllata agli pneumatici dal gommista. Un dolce vecchietto, ampiamente in età da pensione, che solerte ci controlla la pressione di tutte le gomme. Arriviamo in serata nella cittadina di Williams, dove pernottiamo al Grand Canyon Inn & Motel (link qui)
13 agosto 2019

Il Grand Canyon (link qui, mappa qui) è appunto vaaaaaaasto. Ne ammiriamo qualche scorcio da alcuni viewpoint del South Rim ma in effetti rende poco.





Si perchè alla fine, anche cambiando viewpoint lungo la strada che ne costeggia il bordo si ammira sempre e solo una piccola porzione dell’enorme canyon.






Quello che serve per abbracciarlo tutto con lo sguardo è librarsi a volo d’uccello sopra di esso. Ecco perchè qualche giorno dopo essere arrivati in America alcuni di noi hanno prenotato una mezz’oretta di volo in elicottero.
Voliamo con l’agenzia Papillion (link qui). Ed allora si che uno lo apprezza veramente il Grand Canyon 😉 Scattiamo foto e giriamo video e l’emozione è incontenibile.





Tornati a terra ci avviamo verso Las Vegas ma facciamo una sosta a Seligman, un’altra cittadina piena di motel e locali storici dedicati alla Route 66. Ma soprattutto con un’installazione che vede protagoniste le auto di Cars.





Tappa finale: Las Vegas – che è sicuramente pacchiana ma merita comunque sempre una serata 💸 La Strip (la via principale con i casinò più famosi) è scintillante di luci e di neon, i giochi d’acqua della piscina del Bellagio meritano di essere visti e buttare qualche dollaro alle slot machine o alla roulette non ammazza nessuno.
Dormiamo al The Westin Las Vegas Hotel & Spa (link qui) a due passi dalla Strip.
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