12 agosto 2024

Ci alziamo molto presto al Cairo perchè alle 7 abbiamo il volo per Luxor. Atterriamo dopo un’oretta e troviamo ad attenderci il nostro autobus. Carichiamo i bagagli ma non andiamo subito alla nostra nave.



Procediamo direttamente alla visita del complesso templare di Karnak. Il complesso era il più importante dell’antico Egitto, in quanto dedicato alla triade costituita dal Dio Amon, il Sole, dalla sua sposa Mut, la Luna, e dal figlio Khonsu. È difficile ricostruirne la storia nel dettaglio. Sebbene il suo nucleo originario sembri risalire al faraone Sesotri I della XII Dinastia, in un arco di oltre 1600 anni ogni Faraone, dalla XII quindi fino alla XXX Dinastia, ha lasciato la propria traccia apportando modifiche, abbattendo, costruendo o modificando le strutture. Il plastico all’ingresso del complesso da una vaga idea di quanto sia esteso e dispersivo il sito archeologico.




Durante il passato, specialmente nel periodo conosciuto con il nome di Nuovo Regno, il complesso templare di Karnak rappresentava il centro della fede e del culto delle antiche divinità principali. Ciò era dovuto anche alla vicinanza a Tebe (oggi Luxor), la capitale del regno. La sua importanza è sicuramente palese anche solo osservando le dimensioni mastodontiche che questa struttura conserva in parte ancora oggi.





Il complesso templare di Karnak ospita al suo interno il grande Tempio di Amon, altri templi minori, cappelle e il grande lago sacro. I faraoni più importanti che intervennero nella costruzione del complesso furono Hatshepsut, Seti I, Ramses II e Ramses III. Il tempio era collegato dal Viale delle Sfingi al Tempio di Luxor. Durante i giorni della festa di Opet (ricorrenza sacra dedicata ad Amon, il dio ariete di Tebe) la statua del dio veniva trasportata lungo questa via da un tempio all’altro. L’enorme importanza di questa festa è legata al fatto che il popolo non aveva accesso alle cerimonie, non potendo oltrepassare il primo pilone del tempio, e quindi poteva adorare le divinità solo quando le statue sacre uscivano all’esterno dove venivano consultate come oracoli le cui risposte scaturivano dall’oscillazione che esse avevano. La parte più spettacolare del sito è la Sala Ipostila. Questa sala, progettata dal faraone Seti I ma terminata dal figlio Ramses II, si estende per più di 5000 m2 e consta di 134 colonne che sostenevano un soffitto (oggi distrutto) che era sito a 23 metri di altezza!
Con il termine pilone, dal greco pylòn che significa portale, viene indicato nell’architettura egizia il torrione rettangolare dal cui varco monumentale si accedeva al sacro suolo del tempio e che rappresentava quindi il confine tra il mondo degli uomini e quello degli dei.



Un dettaglio raccontatoci da Emad mi è rimasto impresso. Riguarda Hatshepsut e la damnatio memoriae che subì dopo la morte. Quando morì infatti il faraone Thutmose III fece distruggere tutti i cartigli che ne riportavano il nome. Ma non poteva demolire gli obelischi che lei aveva eretto a Karnak perché avrebbe offeso il Dio. Quindi fece costruire dei muri che li nascondessero. I muri però arrivavano fino a due terzi dell’altezza degli obelischi. Bene, il muro ora è crollato e si vede benissimo che l’ultimo terzo dell’obelisco è stato scolorito dal sole più del resto della struttura!



Finita la visita andiamo finalmente ad imbarcarci. Le navi hanno ognuna il loro imbarcadero lungo le sponde del Nilo. Sono sempre almeno tre navi affiancate e si passa dall’una all’altra per raggiungere la propria o per sbarcare. Questa volta la nostra, la MS Stephanie (link qui), è quella più esterna e quindi nella foto su vedete la prima delle tre imbarcazioni all’ancora ma non la nostra 😅 Prendiamo possesso delle nostre stanze e pranziamo a bordo.




Al tramonto andiamo a visitare il Tempio di Luxor, all’altro capo del Viale delle Sfingi. Il grande portale è alto 24 metri e fu costruito da Ramses II. Oltre alle statue di Ramses erano presenti anche due obelischi. Uno è ancora in situ, mentre l’altro si trova a Parigi in Place de la Concorde. Fu infatti donato alla Francia nel 1830 dal pascià Mehmet Ali. In cambio re Luigi Filippo donò al pascià un orologio che fu installato nel cortile della Moschea di Alabastro (ne parlo qui). Oltrepassato il primo pilone si accede al Grande Cortile di Ramses II dove la Moschea di Abu el Haggag ha inglobato parte del colonnato. Come spesso accade in situazioni simili (vedi a Roma le chiese cristiane nei Fori Imperiali) quando la moschea fu costruita buona parte del tempio era sepolto ed adesso la vecchia porta principale si trova a notevole altezza dal suolo!




Dopo il grande cortile si attraversa il colonnato e si sbuca nel cortile di Amenhotep III. Di lì infine si arriva all’area del sancta sanctorum, area costituita da un’anticamera, che in epoca tetrarchica fu trasformata in un luogo di culto degli imperatori romani e ornata con affreschi che andarono a ricoprire, senza distruggerle per fortuna, le precedenti decorazioni. In seguito le decorazioni più antiche furono riportate alla luce distruggendo gli affreschi romani, di cui restano solo tracce.
13 agosto 2024

È l’alba e siamo già davanti i Colossi di Memnone. Queste sono due enormi statue di pietra del faraone Amenhotep III e facevano parte di un complesso funerario eretto dal faraone stesso.


Dopo la conquista persiana Cambise II ne fece mutilare i volti, tagliandone gli orecchi e la bocca. Il nome originario del faraone e lo scopo delle statue andò perduto col tempo, man mano che il tempio funerario vicino si sgretolava e la cultura greca si sostituiva a quella egizia. Il nome attuale con cui sono tuttora conosciute queste statue fu coniato dagli storici greci, che le associarono all’eroe semidio mitologico Memnone, ucciso da Achille. Dalla statua di destra si emanavano all’alba dei rumori singolari, come di bronzo percosso, causati evidentemente dal riscaldamento solare della roccia, rumori che gli antichi greci e romani interpretavano come il saluto dell’eroe alla madre Eos, dea dell’aurora. La statua fu restaurata in epoca romana per volere dell’imperatore Settimio Severo ed i rumori non furono più avvertiti.



Raggiungiamo finalmente la Valle dei Re. I faraoni del Nuovo Regno considerarono che costruire una piramide, anche senza innalzarne una paragonabile a quelle di Giza, serviva anche a dire a tutti che lì sotto ci fosse un tesoro. Ed infatti le piramidi dell’Antico Regno erano state tutte depredate alla caduta del controllo regio. Per non perdere il simbolismo dell’ascesa al cielo ma limitare i rischi, i nuovi faraoni scelsero di scavare le loro tombe in questa valle, dominata da una montagna sacra a forma proprio di piramide! Gli è andata male. A parte quella di Tutankhamon, piccola e nascosta da un’altra tomba sovrastante, anche le tombe della Valle sono state tutte depredate.





Mentre le piramidi avevano pareti lisce e spoglie, le pareti di queste tombe invece sono decorate da scene e geroglifici rituali. Si possono visitare solo tre tombe al giorno – che cambiano di volta in volta. La prima che visitiamo la Tomba di Tausert/Setnakht, KV14 (Kings Valley 14). Praticamente era la tomba della regina Tausert (XIX dinastia), grande sposa reale di Seti II, che venne successivamente usurpata dal faraone Sethnakht della XX dinastia.





Vicino alla prima c’è la Tomba di Seti II, KV15. Sembrerebbe quindi che Seti II fosse stato prima sepolto con la moglie ma poi spostato in questa nuova tomba, forse da Sethnakht. Qui il decoro è su fondo bianco e ci viene spiegato che, sebbene le decorazioni siano ben preservate, la tomba venne ultimata di fretta e per questo ai bassorilievi iniziali si sostituiscono decorazioni solo dipinte.






Terza tomba visitabile, la Tomba di Ramses III, KV11. La tomba è molto bella e molto decorata. È a ridosso dell’ingresso alla Valle e quindi è la più affollata. Non solo ci si muove male non essendoci un contingentamento all’ingresso, ma nelle sale più piccole con troppi turisti l’aria diviene pesante. Però i suoi decori sono uno spettacolo!


Avrei voluto visitare anche la Tomba di Tutankhamon, KV62, più che altro per la suggestione di ripercorrere i passi di Carter man mano che avanzava negli scavi: la falsa parete da buttare giù, i detriti che ostruivano il corridoio da rimuovere, la porta sigillata. Ma sembra che a nessuna guida interessi questa tomba. Noi dobbiamo scappare ma non vedo nessuno andare a visitarla.





Dobbiamo scappare perchè abbiamo un programma serrato oggi. Tappa successiva il Tempio funerario di Hatshepsut. Conosciuto come Deir el-Bahari, che in realtà è il nome della valle in cui è inserito, è un esempio unico e non solo per la sua struttura, che fu di ispirazione per quelle successive, ma anche perché questo tempio funerario è dedicato a una delle poche regine ad essere state anche faraone. Siamo nel Nuovo Regno ed Hatshepsut salì al potere in seguito alla morte prima del padre, Tuthmose I, e poi del suo fratellastro, nonché marito, Tuthmose II, che era salito al trono dopo il primo. In principio ascese al trono come sovrana reggente in funzione di Tuthmose III, figlio del suo sposo (avuto però da un’altra moglie). Tuthmose III aveva appena due anni quando salì al trono e Hatshepsut con grande abilità e doti politiche riuscì a restare alla guida del regno e a mantenere il potere fino alla sua propria morte. Nel tempio non resta quasi nulla di Hatshepsut poiché, come già avevo accennato con la storia dell’obelisco a Karnak, ogni riferimento alla regina fu distrutto per ordine del figliastro Thutmose III.



Lasciato il tempio funerario ci fermiamo lungo la strada ad una delle tante botteghe che lavorano l’alabastro. Qui è pratica comune lavorare questo minerale per farne vasi e lampade, statuine ecc. Sono ottimi regali o ricordi del viaggio e di qualità nettamente superiore a quella delle bancarelle che affollano l’ingresso di qualunque monumento. Noi sostiamo presso Abu Simble for Alabaster (link qui). Nel portico all’esterno alcuni dipendenti ci illustrano le tecniche tradizionali per la lavorazione dell’alabastro e poi entriamo nel negozio. Faccio i miei acquisti (lo scarabeo bianco che vedete in foto) e poi mi spingo con alcuni del gruppo nell stanza del retro. Contiene pezzi più pregiati, alcune riproduzioni di reperti archeologici ed in bella vista una fotografia d’epoca: un signore che tiene in mano la sua foto di quando da bambino indossava un pettorale faraonico.
La storia della fotografia mi ha incuriosito – ho scoperto che girano tante leggende su di essa ed ho dovuto effettuare una piccola ricerca per scoprire la verità. Una delle leggende (quella che ci è stata raccontata in Egitto e che identifica il signore col nonno del titolare della bottega artigiana) narra che quel bambino andava in giro indossando quel pettorale d’oro ma che fu fermato dalle autorità che gli chiesero conto del gioiello che indossava. Al tempo la valle era abitata di fatto da un’unica famiglia molto estesa. I genitori del bambino tentarono di accampare scuse ma altri abitanti della valle, a causa di una faida interna alla famiglia, andarono dalle autorità per confermare come i genitori del bambino conoscessero l’ubicazione delle tombe reali. La popolazione fu spostata fuori la valle e fu così che iniziarono gli scavi archeologici nella Valle dei Re.
La verità è più prosaica. Le tombe della Valle dei Re erano state abbondantemente e completamente saccheggiate quando venne meno il controllo politico-militare delle dinastie faraoniche. Nel tempo l’ubicazione della Valle e delle tombe venne dimenticata finché in Europa non si riaccese l’interesse per le antichità egizie dopo la spedizione di Napoleone. Drovetti, Belzoni ed altri scoprirono molte delle tombe nella Valle. La nostra fotografia risale al 1922. Howard Carter stava effettuando delle prospezioni archeologiche nella valle quando il 4 novembre Hussein Hassan Abdel Rassuhl, un ragazzino di 12 anni a suo servizio probabilmente col compito di preparare il te, scoprì per caso l’inizio della scala che portava alla tomba di Tuthankamon. Lo riferì a Carter ed il resto è storia. Fu Carter stesso, dopo la scoperta del tesoro, a farlo posare col pettorale.
Sono le 11,30 ed il sole picchia ferocemente. Ma noi impavidi andiamo a visitare due delle Tombe dei Nobili. Come si intuisce dal nome del sito quest’area era destinata alla sepoltura di nobili e funzionari connessi alle case regnanti. Le tombe censite sono oltre 400. Le due che visitiamo sono famosissime per le scene che decorano le loro pareti.





La prima è la Tomba di Menna, TT69 ((Theban Tomb 69), scriba contabile del faraone Thutmosi IV. La tomba è decorata con scene in cui Menna e la moglie ricevono offerte (tra cui vasi di miele) da alcune figlie, che suonano sistri, mentre assistono a lavori campestri. Alcuni ufficiali e funzionari assistono al carico, alla registrazione e al trasporto di grano su carri.







La seconda tomba è la Tomba di Nakht, TT52 , astronomo di Amon sotto Thutmosi IV. Le decorazioni sulle pareti rappresentano scene di vita campestre alla presenza del defunto e della moglie. Per esempio Nakht assiste a lavori di agricoltura, come la mietitura e la vagliatura del grano, all’innalzamento di covoni su cui volano quaglie e piccioni, al trasporto del lino nonché a scene di vendemmia e pigiatura dell’uva. Una falsa porta, ad un’estremità del corridoio trasversale, è circondata da testi e da immagini di offertorio del defunto agli dei. In altre scene si vede la coppia a banchetto mentre un figlio offre fiori, un arpista cieca e altri musicisti, suonatrici di liuto, di arpa e flauto doppio allietano il convivio ed un gatto, nascosto sotto una sedia, mangia un pesce.








Tappa finale Medinet Habu. Questo è il Tempio funerario di Ramses III ed è famoso perché contiene iscrizioni raffiguranti l’arrivo e la sconfitta dei Popoli del Mare durante il regno del faraone. Per accedere al tempio si passa per i resti di un corpo di guardia fortificato (migdol). Il primo pilone conduce a una corte aperta, contornata da colossali statue di Ramses III in veste di Osiride su un lato, e colonne decorate sull’altro. Una curiosità: Ramses III ha fatto scavare in profondità i geroglifici che decorano le pareti del tempio così da rendere difficile cancellarli in caso di successiva damnatio memoriae.




Torniamo a bordo stremati. Sebbene il caldo sia secco, il sole della tarda mattinata è stato micidiale. Dentro le tombe dei nobili, sebbene ci fossimo divisi in gruppi, l’aria si è saturata d’umidità facendoci sudare abbondantemente. E non vi dico quanto picchiasse il sole ad ora di pranzo quando ci aggiravamo per Medinet Habu! Comunque ci aspetta un tranquillo pomeriggio di navigazione sul Nilo. Pranzo, piscina ed il passaggio della chiusa di Esna. Lungo il tragitto capita che delle imbarcazioni a remi affianchino la nave e lancino a bordo delle buste con degli abiti. Si possono acquistare lanciando di rimando i soldi ai barcaioli.
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